Repubblicani eccellenti contro. Ma non contro il presidente
democratico Barack Obama, come sarebbe logico. Piuttosto, contro il candidato
repubblicano Mitt Romney. Chris Christie, governatore del New Jersey, lo Stato
più devastato dall’uragano Sandy, e Mike Bloomberg, sindaco di New York, la
metropoli ‘chiusa per tempesta’ per quasi 48 ore, fanno i complimenti al
presidente per la leadership dimostrata dallo Studio Ovale in questa prova, e
penalizzano così Romney, suscitando sospetti e malizie. “Romney in visita nel
New Jersey?”, dice Christie. “Non ne so nulla. So che viene il presidente e mi
fa molto piacere”.
Per motivi diversi, né Christie né Bloomberg sono due fan
del miliardario mormone. Christie, cui pure è stato affidato un importante
discorso alla Convention di Tampa a fine agosto, era stato prima indicato come
un aspirante alla nomination –vi rinunciò solo nell’imminenza delle primarie-
ed era stato poi considerato un possibile candidato vice-presidente. Adesso, si
pensa che studi da candidato per il 2016: a lui, fa più gioco che Obama resti
alla Casa Bianca per altri quattro anni. Bloomberg, anch’egli considerato a un
certo momento in corsa per la nomination, è un repubblicano anomalo: del resto,
se non lo fosse, anomalo, non sarebbe mai diventato sindaco di New York, dove i
democratici sono netta maggioranza.
Per Romney, non è una buona giornata. Gli si mette contro
anche GM, dopo la Chrysler: l’industria dell’auto, che è rimasta in piedi
grazie a Obama, sta con il presidente. E l’industria dell’auto pesa molto in
alcuni stati in bilico, come il Michigan e pure l’Ohio. I sondaggi di giornata,
per quel che contano, portano sorrisi in casa democratica: il presidente
sarebbe avanti di cinque punti in Ohio e sarebbe di nuovo avanti, anche se di
un punto solo -e statisticamente non conta-, in Florida. Romney si rigetta
nella campagna. Obama continua a fare il presidente e il comandante in capo,
più che il candidato: andrà in New Jersey, dove farsi vedere non gli serve
perché lì vince di sicuro.
E questo atteggiamento, in questo momento, può piacere agli
elettori. Di sicuro, piace a Christie, che non lo nasconde: il governatore del
New Jersey dice di non essere ora minimamente interessato in questo momento
alla campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 6 novembre e
dichiara di non sapere nulla di una visita di Romney nel suo Stato, dove invece
compie un sopralluogo il presidente. "Ho del lavoro da fare qui in New
Jersey che conta più delle presidenziali. Di questa roba, non potrebbe importarmi
di meno", dice in tv il governatore.
Quanto a Bloomberg, un suo commento, che potrebbe
inizialmente parere uno sgarboa Obama, ne diventa invece un elogio: il sindaco
e il presidente sono d'accordo sul fatto che "non è il momento per una
visita a New York", e che la tappa di Obama in New Jersey "sarà
pienamente significativa per l'intera regione" –il New Jersey confina con
lo Stato di New York e la metropoli vi si estende-. Secondo quanto riferisce
politico.com, Bloomberg, in conferenza stampa, dice: "Ho parlato con il
presidente della possibilità di una sua visita qui. Ci farebbe piacere, ma
abbiamo molte cose da fare: non voglio mancargli di rispetto, ha un sacco di
cose da fare e sono lusingato dalla sua disponibilità, ma penso che quello che
debba fare è andare in New Jersey e rappresentare lì la Nazione".
Su Romney cadono pure gli strali della GM, risentita perché
in alcuni spot elettorali il repubblicano l’ha accusata, insieme a Chrysler, di
volere trasferire parte della produzione – e dei posti di lavoro - in Cina.
"Lo spot rappresenta il peggio di una campagna politica cinica", ha
affermato il portavoce di Gm, Greg Martin. "Noi pensiamo che creare posti
di lavoro negli Stati Uniti e far sì che gli utili tornino in questo Paese
dovrebbe essere una fonte di orgoglio bipartisan".
"Barack Obama - recita tra l'altro il discusso spot
della campagna repubblicana - dice che ha salvato l'industria dell'auto. Ma per
chi?, per l'America o per la Cina?". Il numero uno di Fiat Chrysler,
Sergio Marchionne, aveva già risposto allo spot con una e-mail ai dipendenti
del gruppo, in cui definiva "sbagliato" insinuare un trasferimento
della produzione della Jeep in Cina, mettendo nero su bianco che "la
produzione della Jeep non sarà spostata dagli Usa in Cina".