Mi rifiuto di cominciare con “voto storico”: non perche’, in fondo, non lo sia; ma perche’, da ieri sera, non sento e non vedo che questo titolo, questo lead e questo commento. E poi storica sara’ davvero, quando ci sara’, la nascita dello Stato palestinese, non il suo riconoscimento –per quanto importante esso sia- come membro osservatore delle Nazioni Unite. Che’ l’Onu ha i cassetti pieni di risoluzioni che preconizzano la convincenza di due Stati, Israele e la Palestina, l’uno in pace con l’altro e ciascuno sicuro dentro i propri confini. E, da questo punto di vista, il voto contrario di Stati Uniti e Israele, che quella prospettiva l’hanno da tempo accettata, appare difficile da condividere e pure da capire. Mentre delude, ma certo non sorprende, il consueto andare in ordine sparso dell’Unione europea agli appuntamenti internazionali in cui ci si conta e si conta.
Con 138 sì, 9 no e 41 astenuti, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, ieri notte, la risoluzione che riconosce la Palestina come "stato osservatore" : significativo che oltre i due terzi degli Stati Onu abbiamo espresso un voto favorevole. I 27 dell’Ue hanno, in qualche modo, rispettato tale percentuale : nove si sono astenuti - Bulgaria, Germania, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia e Ungheria –, la Repubblica Ceca ha votato contro e gli altri 17, fra cui l'Italia, a favore. Fra i Grandi dell’Onu, Cina e
La votazione –riferisce l’Agi- e' stata preceduta da un lungo e applauditissimo discorso del presidente palestinese Abu Mazen che ha sollecitato l’Assemblea a sottoscrivere, approvando la risoluzione, il "certificato di nascita" dello Stato palestinese. Il voto dell'Assemblea e' un’occasione "storica" per la comunita' internazionale, "l'ultima –dice Abu Mazen- per potere salvare la soluzione a due Stati". "Vogliamo raggiungere la pace e portare nuova vita al negoziato" con Israele, spiega il presidente, secondo cui "e' arrivato il momento di dire basta all'occupazione e ai coloni".
Di tono ben diverso, durissimo e accolto da una sorta di gelo, l'intervento di Israele : l'ambasciatore Ron Prosor considera la richiesta della Palestina, e quindi il voto dell’Assemblea, "un passo indietro per la pace", perche’ "con questa risoluzione l'Onu chiude gli occhi sugli accordi di pace senza conferire nella sostanza dignita' di Stato" all’entita’ palestinese. Il premier palestinese Benjamin Netanyahu commenta le parole di Abu Mazen in termini molto critici: "ostili e velenose" e "piene di falsa propaganda".
Irritazione anche da parte degli Usa, rimasti quasi soli accanto a Israele (con loro, il Canada, i cechi e le Isole Marshall, la Micronesia, Narau, Palau, Panama, non certo il gotha della diplomazia mondiale). Per l'ambasciatore Susan Rice, possibile futuro segretario di Stato americano, la risoluzione "cade male ed e’ controproducente" e non fa altro che costituire "un nuovo ostacolo sul cammino verso la pace". Concetti ribaditi dal segretario di Stato Hillary Clinton : "Abbiamo ben chiaro -ha detto la Clinton - che solo attraverso negoziati diretti tra le parti israeliani e palestinesi potranno arrivare alla pace".
Invece, a Ramallah la gente e' uscita in strada per festeggiare, sparando in aria e iniziando a ballare. Forse, ad accelerare l’adozione della risoluzione ha contribuito la fiammata di tensione, nelle scorse settimane, fra israeliani e palestinesi della striscia di Gaza, con il consueto squilibrio tra gli effetti della provocazione palestinese –I razzi su Israele- e della ritorsione israeliana –i raid sulla Striscia-. Uno degli effetti piu' rilevanti della risoluzione e' che ora l’Autorita’ palestinese potra’ chiedere al Tribunale Penale Internazionale d’indagare su eventuali crimini commessi dalla leadership israeliana durante il decennale conflitto israelo-palestinese. Ma non e’ detto che cio’ avvenga, almeno non subito.
Una nota della Santa Sede osserva che "la pace ha bisogno di decisioni coraggiose": se "la votazione all’Onu indica il sentire della maggioranza della comunita' internazionale e riconosce una presenza piu' significativa ai Palestinesi in seno alle Nazioni Unite", resta, nel contempo, la convinzione della Santa Sede e non solo che « tale risultato non costituisca, di per se', una soluzione sufficiente ai problemi esistenti nella Regione: ad essi, infatti, si potra' rispondere adeguatamente solo impegnandosi effettivamente a costruire la pace e la stabilita' nella giustizia e nel rispetto delle legittime aspirazioni, tanto degli Israeliani quanto dei Palestinesi".
"Percio' - ricorda la nota - la Santa Sede, a piu' riprese, ha invitato i responsabili dei due Popoli a riprendere i negoziati in buona fede e ad evitare di compiere azioni o di porre condizioni che contraddicano le dichiarazioni di buona volonta' e la sincera ricerca di soluzioni che divengano fondamenta sicure di una pace duratura". Inoltre, "la Santa Sede ha rivolto un pressante appello alla Comunita' internazionale ad accrescere il proprio impegno e ad incentivare la propria creativita', per adottare adeguate iniziative che aiutino a raggiungere una pace duratura, nel rispetto dei diritti degli Israeliani e dei Palestinesi".