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mercoledì 19 dicembre 2012

Il Punto: Usa, Time sceglie Obama come uomo dell'anni

Scritto per l'Indro il 19/12/2012

A Barack Obama, i premi capita spesso che glieli diano prima che se li meriti. Nel 2008, Time, che sceglie il periodo delle Feste per nominare l’uomo dell’anno, lo dichiarò tale. E, in fondo, un motivo c’era: Obama era appena divenuto il primo nero eletto presidente degli Stati Uniti e un posto nella storia dell’America e del Mondo se l’era conquistato. L’anno dopo, gli arrivò il Nobel per la Pace, che parve più una scommessa sul futuro che un riconoscimento a quanto fatto, ché ben poco aveva ancora fatto e potuto fare –e, ad oggi, non è cambiato molto- . Adesso, Time recidiva: lo risceglie come uomo dell’anno e lo ‘risbatte’ in copertina, anche se Obama, appena rieletto –e, questo, va bene, è importante, ma lo aveva già fatto- deve ancora cominciare a dimostrare che il suo secondo mandato sarà migliore del primo, invero modesto, almeno rispetto alle attese messianiche che aveva suscitato.

Questa volta, la prestigiosa rivista –l’aggettivo d’ordinanza lo devo pur mettere, prima o poi- lo sceglie come uomo dell’anno in quanto prototipo e simbolo del ‘nuovo americano’ (il che vuol dire tutto e nulla), mentre i sondaggi sulla sua popolarità volano alti (nella serie, e tutti salirono sul carro del vincitore). Ma, intanto, l’Amministrazione democratica non sblocca il complicato negoziato con l’opposizione repubblicana sul ‘fiscal cliff’. Anzi, là dove c’era ieri uno spiraglio d’ottimismo oggi s’addensano nubi di rottura.

E il Dipartimento di Stato è nella bufera perché un’indagine indipendente mette in evidenza inadeguatezze e incompetenze nella sicurezza al consolato di Bengasi, dove, a settembre, vennero uccisi l’ambasciatore Christopher Stevens e tre marines. Quella vicenda è maledetta, per l’America e l’Amministrazione: rabbia e lutto, al momento del dramma; che, poi, è già costato il posto a Susan Rice, l’ambasciatrice all’Onu che non diventerà segretario di Stato perché non disse la verità al Congresso, e lascia una patina opaca sull’immagine di Hillary Rodham Clinton, che sta per lasciare l’incarico: “Se abbiamo fatto errori, eviteremo di ripeterli”.
Intanto, mentre nel Connecticut proseguono i funerali delle vittime della strage di Newton: 26, 20 scolaretti delle elementari, è boom della vendita di armi a ripetizione: in Texas e altrove, la gente corre ad acquistarle prima che scatti, all’insediamento del nuovo Congresso, a inizio gennaio, la ‘crociata’ per metterle al bando. Va a finire che la strage si trasforma in un affare per l’industria della morte…

Una donna presidente – Altrove nel mondo c’è la novità, annunciata, di una donna, Park Geun-hye, eletta presidente –è la prima volta- della Corea del Sud: candidata conservatrice, figlia del dittatore Park Chung-hee, autore di un colpo di Stato nel 1961, Park ottiene più del 50% dei suffragi –l’affluenza alle urne è altissima- e s’impone sul democratico Moon Jae-in.

In Pakistan, prosegue la campagna dei terroristi contro i volontari dei vaccini anti-polio: ne vengono uccisi altri tre; e l’Oms sospende le operazioni. In Iraq, le condizioni del presidente Jalal Talabani, un curdo, colpito da ictus, restano stazionarie. In Medio Oriente, il rilancio, da parte di Israele, degli insediamenti - 2612 nuovi alloggi a Gerusalemme Est - innesca la reazione dei palestinesi, che, adesso che sono uno Stato all’Onu, per quanto ‘osservatore’, possono adire la Corte penale internazionale. Sui fronti italiani, acque (troppo) chete: in Siria, il sequestro dell’ingegner Mario Belluomo prosegue; in India, l’attesa dei marò si prolunga, perché la Corte rinvia di nuovo la decisione sulla loro ‘licenza’ di fine anno. Va a finire che li rivediamo in Italia nel 2013, se va bene.

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