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venerdì 10 maggio 2013

Pakistan: sangue e sequestri, vigilia del voto con l'incubo della violenza

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/05/2013 


Un voto senza pace in Pakistan, una delle terre madri della violenza politica: già segnata da quasi 120 vittime –l’ultima, ieri, nel Belucistan-, la campagna per le elezioni legislative e provinciali è stato turbata, nelle ultime battute, dal rapimento di uno dei figli di Yusuf Raza Gilani, già premier dal 2008 al 2012, e dalle minacce dei ribelli talebani che annunciano attacchi contro la democrazia domani, giorno d’apertura dei seggi.

I partiti dei due principali contendenti, Nawaz Sharif, già capo del governo due volte, e l’ex stella del cricket, lo sport nazionale, Imran Khan, hanno cercato di galvanizzare i loro sostenitori tenendo ultimi comizi: il primo a Lahore, sua roccaforte; il secondo a Rawalpindi, vicino a Islamabad. Una curiosità: per la prima volta, potranno votare i circa 500 mila transgender.

A Multan, nel centro del Paese, uomini armati hanno rapito Ali Haider, uno dei figli di Gilani, destituito da premier nel giugno scorso, dopo una condanna per essersi rifiutato di riaprire un’inchiesta per corruzione contro il presidente Asif Ali Zardari. Secondo fonti locali, un segretario di Ali Haider è rimasto ucciso e cinque altre persone sono state ferite nell’agguato.

Il rapito è candidato alle provinciali per il Partito del popolo pakistano, che ha fatto una campagna in sordina per le minacce dei talebani, che gli rimproverano l’alleanza strategica con gli Stati Uniti.

Tutta la campagna ha visto susseguirsi attacchi terroristici, condotti per lo più da ribelli talebani contrari alle elezioni perché “non islamiche”. Ma violenze e intimidazioni non sono bastate a fare saltare la consultazione  in questo Paese di 180 milioni d’abitanti, una terra di frontiera della guerra al terrorismo, dove da sempre democrazia e corruzione, violenza politica e tensioni internazionali s’intrecciano. L’assassinio politico vi è praticato, come testimonia l’uccisione di Benazir Bhutto, nel 2007; e il ritorno in patria dall’esilio non è facile, come dimostra la vicenda dell’ex presidente Parvez Musharraf.

Secondo una fonte degli insorti, il capo dei talebani pachistani Hakimullah Mehsud ha ordinato attentati suicidi nel giorno del voto: dall’Afghanistan confinante, sarebbero giunti kamikaze. Eppure, né la Lega musulmana di Sharif, la favorita dello scrutinio, né il partito di Khan, condannano le azioni talebane: cercano di non alienarsi le simpatie degli integralisti.

Più degli attentati, desta emozione l’incidente capitato, martedì, a Khan, il leader del Partito per la giustizia. L’ex campione, oltre 60 anni, un fare da playboy, galvanizza le folle criticando i vecchi partiti dinastici “corrotti”: era caduto da un montacarichi a Lahore, procurandosi ferite non letali.

Ridotto in ospedale, Khan domani voterà: al comizio di Rawalpindi c’era solo in videoconferenza. Sharif, il leader della Lega, è avanti a lui nei sondaggi per formare il governo. Il fenomeno Khan, che incide sull’elettorato di centro-destra e attira giovani della classe media ansiosi di cambiamento, complica però i pronostici e prepara giochi d’alleanze con altri partiti, fra cui quello di Gilani.

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