Scritto per EurActiv il 17/11/2013 -ha collaborato Giovanna De Maio-
Fa
discutere e divide anche il campo degli europeisti la proposta di affidare ai
cittadini la scelta del presidente della Commissione europea e, per cominciare,
di dare loro la possibilità di esprimersi, l’anno prossimo, sui candidati
all’incarico delle maggiori famiglie politiche europee. L’ipotesi, già
avanzata, ma non ancora acquisita, è al centro di convegni, da cui scaturiscono
indicazioni contrastanti.
Ne
hanno dibattuto, recentemente, a Roma, politici e federalisti, in un convegno
promosso dalla Gfe romana e da Alternativa europea; e responsabili e ricercatori dello Iai, in
quello che doveva essere un confronto a botta e risposta.
Un sindaco per l’Europa
Il
dibattito di Gfe e Alternativa europea partiva da una proposta autonoma di
Alternativa Europea, intitolata ‘Un sindaco per l’Europa’, sostanzialmente
coincidente con l’idea che i partiti designino, prima di lanciare la campagna
elettorale, un candidato alla presidenza della Commissione e ne dichiarino il
programma.
Al
di là della generica approssimazione degli interventi introduttivi, fra cui
quello del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, la proposta ha
incontrato un favore di massima, ma ha anche suscitato messe in guardia e
controindicazioni da parte della vicepresidente del Parlamento europeo Roberta
Angelilli, deputata Pdl –il Ppe non si è ancora pronunciato sul proprio
candidato e si riserva di sceglierlo solo nel marzo prossimo-, del
vicepresidente della Regione Massimiliano Smeriglio, Sel, e di due convinti
federalisti, il presidente del Comitato italiano del Movimento europeo Pier
Virgilio Dastoli e il segretario del Movimento federalista europeo romano Ugo
Ferruta.
Tutti
sostanzialmente d’accordo sul fatto che la proposta, di per sé, non è una
panacea ai problemi e alle prospettive dell’integrazione europea e che, per
essere efficace, l’elezione diretta del presidente della Commissione europea
–un passo comunque successivo, rispetto alla situazione attuale- dovrebbe
coincidere con il trasferimento di maggiori poteri al presidente stesso, integrando
ad esempio le figure di presidente della Commissione e del Consiglio europeo.
Un’idea dello IAI datata
2009
La
discussione allo IAI, su un piano più teorico, ha preso le mosse da un
documento di due ricercatori della Carnegie Europe, Stephan Lehne e Heather
Grabbe, “Why a partisan Commission president would be bad for the EU”. A favore
di un presidente indicato dalla volontà popolare, il direttore dello I’stituto Ettore
Greco; contro, il presidente, l’ambasciatore Nelli Feroci. Sono stati loro i
‘campioni’ dei due campi, anche se, alla fine, tutti concorderanno sul fatto
che rinunciare a quest’iniziativa, ormai avanzata, avrebbe notevoli costi
politici.
Greco ha ricordato la proposta avanzata
nel 2009 dall’Istituto Affari Internazionali in collaborazione con altri ‘think
tank’ e firmata da personalità come l’ex presidente della repubblica Carlo
Azeglio Ciampi e l’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors, tesa
a incoraggiare il coinvolgimento dei cittadini e a promuovere un ruolo ben più
incisivo del Parlamento europeo.
Per
Greco, una maggiore politicizzazione delle Istituzioni comunitarie e un
presidente eletto, seppur indirettamente, favorirebbero la possibilità
dell’elettorato di riconoscersi in un leader e nel progetto d’integrazione.
Mentre, l’imparzialità della Commissione, che è da considerarsi rivolta agli
Stati, non ai movimenti politici, resterebbe inalterata.
A
criticare il punto di vista del paper di Lehne e Grabbe è pure Gianni Bonvicini
che rimprovera ai due analisti l’incapacità di inquadrare il ruolo del
Parlamento europeo in prospettiva futura. Bonvicini, inoltre, osserva che Lehne
e Grabbe spogliano la
Commissione del suo potere politicamente più importante,
quello d’iniziativa.
Diversa
è l’opinione dell’ambasciatore Nelli Feroci, condivisa dal vice-direttore dello
Iai Nathalie Tocci. Il presidente, pur riconoscendo che la proposta di
designazione, da parte delle famiglie politiche europee, di un candidato alla
presidenza della Commissione è in una fase avanzata, , esprime perplessità per
una pratica che rischia di favorire candidati estremamente profilati dal punto
di vista politico, erodendo ulteriormente la fiducia nelle Istituzioni ed il
senso di legittimità delle stesse. Il presidente della Commissione sarebbe così
impossibilitato a garantire la neutralità e vedrebbe il suo peso ridotto
all’interno dello stesso Esecutivo.
Cesare Merlini sottolinea che non accettare la leadership di un presidente della Commissione maggiormente politicizzato significherebbe mettere in discussione l’intero assunto democratico, cioè che chi ha la maggioranza ha il diritto di governare.
Cesare Merlini sottolinea che non accettare la leadership di un presidente della Commissione maggiormente politicizzato significherebbe mettere in discussione l’intero assunto democratico, cioè che chi ha la maggioranza ha il diritto di governare.
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