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domenica 31 ottobre 2010

USA: midterm, il voto di al Qaida nell'urna yankee

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 31/10/2010

E’ come se Osama bin Laden e Barack Obama avessero sincronizzato i loro orologi: l’incubo terrorismo torna a incombere sugli Stati Uniti a meno di 96 ore dalle elezioni di ‘mid-term’, da cui, stando ai sondaggi, il presidente e il partito democratico usciranno battuti. Era già successo quando alla Casa Bianca c’era George W. Bush: all’approssimarsi di un voto, il livello di allerta si alzava e il semaforo del terrore passava dal giallo all’arancione; l’America snetiva un brivido d’insicurezza; e il comandante in capo della guerra al terrorismo e il suo partito ne uscivano bene, o comunque meglio del previsto.

C’era chi pensava a una manipolazione da parte dell’Amministrazione. Ma, questa volta, l’equazione “sussulto d’insicurezza = vantaggio al presidente” non è necessariamente esatta, perché Obama non è visto come un campione della lotta al terrorismo. E, infatti, il presidente s’è subito preoccupato del rischio reale, ma anche, e forse soprattutto, di quello percepito: va in tv e non minimizza, anzi dice che la minaccia è credibile; e poi rinnova l’impegno a distruggere le basi
dei terroristi nello Yemen –in Afghanistan, una coalizione internazionale ci prova da nove anni senza esserci riuscita-. Ma aggiunge pure una nota di cautela: i pacchi sospetti intercettati contenevano –dice- “apparentemente” esplosivo.

Con il passare delle ore, l’allarme acquista, però, intensità e drammaticità, anche perché viene dopo una serie di avvertimenti in Europa e una ridda di false allerte che avevano, comunque, fatto risalire la tensione attentato. Difficile, però, anticipare l’impatto che gli episodi di venerdì avranno sul voto di martedì negli Usa.

Che cos’è accaduto, in sintesi? Nell’Inghilterra centrale, sull’aeroporto di East Midlands, e a Dubai, in un centro di smistamento della FedEx, vengono intercettati pacchi bomba partiti dallo Yemen, uno dei Paesi più infiltrati dal terrorismo integralista, e quasi ‘firmati’ al Qaida per il tipo d’esplosivo. I plichi letali erano indirizzati a organizzazioni religiose ebraiche di Chicago, la città
di Obama e dove il presidente trascorre l’ultima notte del suo frenetico tour elettorale.

L’allarme è partito dall’Arabia saudita, che ha servizi efficientissimi. I cieli d’America sono teatro di scene ormai dare: caccia scortano dal Canada fino all’atterraggio sul JFK di New York un aereo di linea della Emirates, che i controlli troveranno ‘pulito’. La segretaria alla sicurezza interna Usa Janet Napolitano spiega che i pacchi bomba contenevan, nascosto nella cartuccia di una stampante, Petn (tetranitrato di pentaeritrite): è l’esplosivo che doveva usare il giovane nigeriano imbarcatosi, a Natale 2009, su un aereo di linea per gli Stati Uniti; ed è l’esplosivo dell’attacco a Times Square fallito quest’anno. Secondo la sicurezza di Dubai, il pacco “era preparato in modo professionale e un circuito elettrico chiuso era connesso alla sim di un cellulare nascosta nell’apparato”.

Ci sarebbero in circolazione altri pacchi: fonti Usa parlano di 15, le autorità yemenite ne avrebbero sequestrati 26 (e fermato una donna). Nello Yemen, al Qaida era già radicata ben prima dell’11 Settembre, come mostrò, nell’ottobre 2000, il riuscito attacco al cacciatorpediniere Cole all’ingresso nel porto di Sanaa. Washington sollecita il presidente yemenita Ali Abdallah Saleh a “lavorare insieme”: Stati Uniti, Gran Bretagna ed Arabia saudita “sono pronti a fornire assistenza”. Saleh manifesta “determinazione” a combattere il terrorismo “in collaborazione con la comunità internazionale”, ma respinge “ingerenze”.

Se la reazione americana è ferma e sobria, quella britannica è venata da polemiche perché il premier David Cameron non venne informato per ore di quanto stava avvenendo. Cameron era a Bruxelles, al Vertice Ue, quando il gruppo Cobra, che coordina le risposte all’emergenza nel Regno Unito, entrava in azione. Ma ci sono volute 12 ore per informare Downing Street, mentre a Washington sarebbero bastati 7 minuti perché l’allarme giungesse nello Studio Ovale. La spiegazione non lascia per nulla tranquilli: la polizia locale non avrebbe subito capito la gravità della situazione e non avrebbe neppure individuato il pacco all’esplosivo.

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