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martedì 25 ottobre 2011

Italia-Germania: Frau Angela ci serve il conto con un sorrisino

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/10/2011

Quei due non si sono proprio mai presi. Eppure, la storia di Italia e Germania è fitta di leader che se la sono intesa bene (pensiamo solo al dopoguerra, sia ben chiaro): De Gasperi e Adenauer, anche fisicamente simili, determinati a ricostruire i loro Paesi e a costruire insieme un’Europa di pace; Andreotti e Kohl, loro fisicamente diversissimi, ma protagonisti insieme di una stagione che portò l’Europa fuori dal comunismo e ne accelerò l’integrazione –tedesca e continentale, con il Trattato di Maastricht- (e neppure una battuta di Andreotti contro l’unificazione della Germania rovinò il rapporto); Prodi e Schroeder, insieme alla nascita dell’euro e nella stagione dell’allargamento dell’Ue -sarebbero stati insieme anche nel no all’invasione dell’Iraq, ma lì, in Italia, comandava già Berlusconi, che scelse di stare con Bush-.

Invece, quei due, Berlusconi e la Merkel, non si sono mai presi. Eppure, l’Italia 2011, anno terzo della crisi dei mutui fondiari, non è così forte e solida da fare spallucce all’appoggio della Germania. Ma vaglielo a fare capire a Mr B, che le intese si creano sui fatti e la sostanza e non sulle battute e le gags. Non c’era lui, al Vertice del G8 di Heiligendamm, nel 2007, quando Angela, presidente di turno, si sentì fare sulle spalle il ‘popi-popi’ dal presidente Bush: lei sussultò, visibilmente sorpresa e non divertita.

Ma a quel gesto sembrò ispirarsi il siparietto con cui Mr B accolse a Trieste, il 19 novembre 2008, quella che, a quanto si sa, non era ancora diventata, nelle chiacchiere con gli amichetti suoi, la ‘culona inchiavabile”: niente corna, esercizio goliardico d’una foto di gruppo fra leader, ma il gioco del nascondino. Al vertice italo-tedesco, il Cavaliere si cela, a piazza Unità d’Italia, dietro un pennone portabandiera e, all’arrivo della cancelliera, ne sbuca fuori esclamando “Cucù. Sono qui”. La Merkel, allarga le braccia e risponde con un laconico e desolato: “Silvio”.

Poi c’è la gaffe in trasferta, il Germania: una telefonata, ufficialmente al premier turco Erdogan, induce Berlusconi a ritardare l’arrivo a una cerimonia sul Reno che apre la seconda giornata del vertice Nato, il 4 aprile 2009. Sulla spianata del Ponte dell'Europa a Kehl, la Merkel accoglie l'uno dopo l'altro i capi di Stato e di governo. Ma il Cavaliere, sceso dall’auto, si ferma a parlare al cellulare, chiedendo a gesti ad Angela di attendere un attimo. La cancelliera un po’ lo osserva imbarazzata, poi se ne va e avvia i lavori senza di lui.

Certo, nel rapporto che non funziona, anche lei ha le sue responsabilità: non solo non apprezza le battute e non sta troppo volentieri agli scherzi, ma è proprio tedesca. Cioè, se uno le dice che farà una cosa, poi va a vedere se è stata davvero fatta. Se no, gliene chiede ragione. Sotto la rigidità della Merkel, c’è un po’ di diffidenza teutonica nei nostri confronti: senza risalire all’8 Settembre, una copertina di der Spiegel 1977 sintetizzava l’Italia con una pistola su un piatto di spaghetti, condensato di stereotipi da Anni di Piombo. Storia passata, uno direbbe. Ma il giochino venne aggiornato e reiterato nel 2007. E il 18 luglio, Der Spiegel s’è ripetuto: in uno speciale dal titolo ‘Basta’, il settimanale analizzava "il declino del Paese più bello al mondo"; sulla copertina, Berlusconi in versione gondoliere con ai piedi due sirenette e al centro dell'Italia un piatto di spaghetti con una pistola.

E non era ancora saltata fuori la storia della ‘culona inchiavabile’, valsa al Cavaliere, una bella sequela di pesanti commenti crucchi, poca ironia, molte mazzate. Certo, il sorrisino d’intesa, domenica, tra Angela e il suo partner di direttorio Nicolas Sarkozy non era proprio il massimo della raffinatezza diplomatica. E pure la pezza messaci fa un po’ (sor)ridere: la risatina nasceva dall’incertezza su chi dovesse rispondere sull’Italia, stile ‘Vai avanti tu, che a me vien da ridire’. O da piangere, se sei italiano: perché ci toccano le battute di lui e il sarcasmo di lei.

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