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mercoledì 22 agosto 2012

Crisi: Grecia, Atene si piega alla ragion d'Europa

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/08/2012

Il governo greco di coalizione di Antonio Samaras, centro-destra e socialisti insieme, china il capo alla ‘ragion d’Europa’ e s’appresta a somministrare al Paese una dose di sacrifici supplementare: tagli alla spesa pubblica per 13,5 miliardi di euro, più degli 11,5 miliardi finora chiesti dalla troika delle istituzioni finanziarie internazionali (Ue, Bce, Fmi). Che il conto sarebbe stato più salato lo aveva anticipato Der Spiegel e lo confermava ieri la stampa ellenica: il ministero delle Finanze s’è accorto che le riduzioni apportate a stipendi e pensioni incideranno su entrate fiscali e contributi previdenziali, allargando la voragine di bilancio di altri due miliardi di euro.

Ufficialmente, Samaras annuncerà il nuovo pacchetto prima del ritorno della troika ad Atene previsto a settembre. Ma  è certo che il premier ne anticiperà i contenuti al presidente dell’Eurogruppo, il lussemburghese Juncker, oggi in visita in Grecia. E, poi, Samaras ne parlerà giovedì con il presidente francese Hollande e venerdì con la cancelliera tedesca Merkel, recandosi a Parigi e a Berlino. La speranza del premier e del ministro delle finanze Stournaras è che l’ampiezza del piano induca i leader dell’Ue a concedere alla Grecia una proroga di due anni, dal 2014 al 2016, sui tempi previsti per portare il deficit greco sotto il 3%. Con Samaras, Juncker intende proprio discutere "la crisi del debito pubblico nell’Eurozona, la situazione delle finanze pubbliche greche e il piano di risanamento previsto dal governo ateniese".

Nonostante i dati di luglio indichino un ulteriore aumento della disoccupazione greca e, quindi, del disagio sociale, la mossa del governo, che non ha ancora suscitato echi nelle piazze, contribuisce alla giornata positiva delle borse europee, con lo spread sotto 410, e incoraggia l’apertura di spiragli a Berlino circa le richieste greche: la Germania è la chiave di volta, perché la Francia pare già acquisita alla causa ellenica. Dal Parlamento europeo, fa sentire la sua voce il vice-presidente Gianni Pittella (Pd): sollecita l’Ue ad evitare alla Grecia una doppia bancarotta finanziaria e sociale.

A Berlino, diversi responsabili di alto rango della maggioranza di centro-destra lasciano intendere che degli “aggiustamenti” agli accordi con la Grecia potrebbero essere accettabili, sia per quanto riguarda le riforme promesse da Atene sia sulle modalità di versamento degli aiuti alla Grecia. Michael Meister, numero due della Cdu al Bundestag, parla di “aggiustamenti possibili all’interno dell’attuale quadro finanziario” –niente nuovi aiuti, cioè-: “le riforme concordate devono essere fatte, ma ci si può chiedere quali siano le priorità e quale possa esserne il processo”.

E Norbert Barthle, il portavoce della Cdu sulle questioni di bilancio, non esclude una revisione al ribasso dei tassi d’interessi pagati d’Atene sui prestiti ricevuti. Christian Lindner, invece, uno dei tenori del partito liberale, alleato della Cdu nella coalizione governativa, non è contro l’ipotesi di una proroga ad Atene per completare le riforme: “Non bisogna lasciare che tutto vada a rotoli per qualche giorno di ritardo: il gioco non vale la candela”.

Segnali apparentemente univoci, ma che si sovrappongono a quelli di fermezza e di chiusura venuti nei giorni scorsi da altri esponenti della maggioranza e del governo. Il ministro degli esteri Westerwelle, ricevendo lunedì il collega greco Avramopoulos, s’era mostrato intransigente. E anche il ministro delle finanze Schaeuble non è mai parso morbido: forse, atteggiamenti negoziali, che hanno comunque ottenuto da Atene un esercizio di rigore supplementare.

Che la giornata di ieri fosse più serena, una volta tanto nella scia dei giudizi delle agenzie di rating –almeno fin quando non è arrivata S&P, a mercati chiusi-, lo confermano altri segnali: la Spagna ha facilmente raccolto sui mercati oltre 4,5 miliardi di euro a corto termine –ma il governo di Madrid continua a invocare un’azione della Bce anti-spread, nel timore di un autunno caldo-. E persino il presidente finlandese Niinisto s’è fatto paladino dell’euro: l’abbandono della moneta unica non sarebbe per nulla una soluzione alla crisi economica, ha detto, ricevendo i diplomatici.

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