Il sì alla Brexit nel referendum britannico del 23 giugno e
il successo di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca l’8 novembre, due
risultati appena attenuati dalla vittoria in Austria il 4 dicembre
dell’europeista verde Alexander van der Bellen, lasciano temere affermazioni
dei movimenti populisti e nazionalisti nella raffica di elezioni che attendono
i maggiori Paesi dell’Unione europea nei prossimi nove mesi.
Come “costruire l’Europa federale nell’era dei populismi” è
stato il tema di un dibattito organizzato a Roma dalla Gioventù federalista europea
e da UniMed: introdotto dal professor Franco Rizzi, docente e segretario
generale di Unimed, e moderato da Ugo Ferruta, segretario del Movimento federalista
europeo di Roma, l’incontro ha avuto come protagonista Sandro Gozi, già
sottosegretario agli Affari europei.
L’avanzata dei populismi dall’Ue agli Usa pone pure
interrogativi su un’eventuale ‘crisi strutturale’ della democrazia rappresentativa
in generale in Occidente: tema su cui il circolo di cultura politica Cassiodoro
organizzerà una riflessione il 18 gennaio, nella Sala della Lupa a
Montecitorio.
Dal dibattito di Roma, emerge che chi ancora ci crede deve unire
le energie per salvare e rilanciare il progetto d’integrazione europea, che, nato
oltre settant’anni or sono nelle tenebre della Seconda Guerra Mondiale,
celebrerà a Roma il 25 marzo 2017 il 60° anniversario della firma dei Trattati
istitutivi delle tre iniziali Comunità europee, la economica (Cee), quella del
carbone e dell’acciaio (Ceca) e quella dell’energia atomica (Euratom).
L’attuale processo ha perso slancio politico e ha pure perso
l’appoggio dei cittadini, che, prostrati dalla crisi del 2008 e delusi dalle
risposte dell’Ue, rimproverano inoltre all’Unione di non fare loro da frangiflutti
della globalizzazione e di non garantire loro sicurezza e tranquillità gestendo
il flusso di migranti.
Un modo, forse l’unico, per riscattare e fare ripartire
l’integrazione è di rinnovarla, dando maggiore legittimità democratica
all’azione politica europea e innestandovi una concreta prospettiva federale,
nella convinzione che il vero ‘sovranismo’ non sta oggi nella restituzione di
sovranità ai singoli Stati, progressivamente irrilevanti, ma nel conferimento
di maggiore sovranità all’Unione europea, che può avere voce in capitolo nei
consessi internazionali.
Quella della trasparenza e della democratizzazione è anche
una priorità della Commissione europea: il presidente Jean-Claude Juncker
persegue “una speciale partnership con il Parlamento europeo” e “un’accresciuta
trasparenza” quando si tratta di contatti con gli stakeholders e i lobbisti; e
vuole focalizzare l’attenzione del suo team “su quello che davvero conta”
invece che disperdere le energie in troppi rivoli – le iniziative legislative
sono così scese da 130 nel 2014 a 23 nel 2015 -.
Ma l’impressionante carrellata d’appuntamenti elettorali
trasforma il 2017 in un percorso a ostacoli: a gennaio, il 22 e 29, ci sono le
primarie della sinistra francese in vista delle elezioni presidenziali; il 15
marzo, si vota in Olanda; il 26 marzo nella Saar in Germania; il 23 aprile, c’è
il primo turno delle presidenziali francesi; il 7 maggio, il ballottaggio
francese e si vota nello Schleswig-Holstein in Germania; il 14 maggio, si vota
nella Renania del Nord – Westfalia, sempre in Germania; e, infine, il 24
settembre ci sono le politiche tedesche. A questi appuntamenti, potrebbero
ancora aggiungersi le politiche italiane.
C’è poco da sperare che i leader dei Grandi dell’Unione
abbiano colpi d’ala europei in un contesto di sfide nazionali incerte e aperte.
Ma è l’ora di aprire viottoli tra le rovine d’un’Unione sbriciolata nei suoi
valori fondamentali - lo Stato di diritto e la solidarietà - e marginale nelle
crisi mondiali, anche sull’uscio di casa, come la vicenda siriana dimostra.
Costruire l’Europa con chi?, come?; ma soprattutto perché?
Bisogna ridare ai cittadini il senso d’utilità di un progetto e l’orgoglio di
appartenervi, migliorare la comprensibilità di ciò che esiste, estendere
l’esperienza dell’Erasmus ai licei e a realtà professionali – un ‘Erasmus dei
giornalisti’, ad esempio, contribuirebbe a un’informazione senza frontiere e
senza pregiudizi -.
Ma ci vogliono pure iniziative che rispondano alle domande
dei cittadini andando in senso federale: la gestione del flusso dei migranti e la
riforma del diritto d’asilo che diventi europeo; la concessione ai migranti che
ne hanno diritto della cittadinanza europea e non di una cittadinanza
nazionale; e, ancora, la gestione delle frontiere esterne affidata all’Unione,
neutralizzando reciproche diffidenze sui controlli effettuati da altri; e,
sempre più ambiziosamente, l’accelerazione della promozione e della creazione
di una difesa europea, trasformando in opportunità le sfide lanciateci da Trump
ancora prima di insediarsi alla presidenza degli Stati Uniti. Infine, dare
all’Europa una voce unica e forte nei consessi internazionali, dal Consiglio di
Sicurezza dell’Onu al Fondo monetario internazionale, dal G8 al G20.
Impensabile e impossibile, nel 2017, realizzare tutto ciò.
Ma indispensabile e necessario cominciare a muoversi in queste direzioni e
renderlo percepibile ai cittadini: il fermento dell’Unione sarebbe, per tutti,
un segnale di risveglio e riscossa.
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