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mercoledì 9 giugno 2010

Olanda e Belgio, voti al buio nel cuore dell'Europa

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 09/06/2010

Tra oggi e domenica, due elezioni politiche cruciali in 96 ore nel cuore dell’Europa più economicamente solida e tradizionalmente democratica e dentro il Benelux, nocciolo duro dell’integrazione ‘ante litteram’: due voti a fiato sospeso, dall’esito incerto fra timori di avanzata della destra xenofoba e delle tentazioni separatiste. Oggi, vanno alle urne gli olandesi, dopo una crisi di governo innescata a febbraio dal no dei laburisti al rinnovo della missione in Afghanistan; domenica, i belgi, in una consultazione anticipata imposta dai litigi tra i fiamminghi e i francofoni.

Sono le prime elezioni nazionali nell’Eurozona dopo l’emergenza Grecia e il varo del piano salva Stati e salva euro. In Olanda, proprio la crisi economica e la conseguente austerity, accettata dalla popolazione con luterana sobrietà, fanno da antidoto all’avanzata degli xenofobi di Geert Wilders e del suo Pvv, pur uscito trionfatore dalle recenti amministrative con la sua crociata anti-immigrati.

I liberali del Vvd di Mark Rutte, una sorta di Nick Clegg in salsa arancione, 43 anni, sono in testa ai sondaggi: dovrebbero ottenere 40 seggi su 150, ben davanti ai laburisti del Pvda, che, guidati dall’ex sindaco di Amsterdam Job Cohen, 62 anni, dovrebbero sfiorare i 30 seggi. I cristiano-democratici del premier uscente Jan Balkenende potrebbero perdere quasi la metà dei loro 41 seggi, non andando oltre 25. Balkenende, 54 anni, calvinista, è fuori dalla corsa alla poltrona di premier, dopo otto anni alla guida di quattro governi di coalizione, ma il suo partito Cda potrebbe ancora risultare essenziale a una coalizione di governo, in un Parlamento che s’annuncia come al solito frammentato –18 i partiti in lizza, 11 quelli che hanno già seggi-.

Fuori dalla corsa a premier e dalla logica delle alleanze è, invece, Wilders, 46 anni, i cui slogan anti-islam e anti-immigrati non rispondono alle priorità degli olandesi in questo momento, anche se il suo movimento potrà conseguire affermazioni locali. Lo spettro della bancarotta pare ora guidare le scelte degli olandesi, orientati a premiare il rigore del Vvd: Cleg si propone di azzerare il deficit di bilancio entro il 2015, tagliando, fra l’altro, la spesa pubblica, riducendo il numero dei ministeri e innalzando l’età pensionabile da 65 a 67 anni (c’è già un accordo in tal senso tra imprenditori e sindacati). Cohen, 62 anni, paladino dei gay e degli immigrati e favorevole alla coltivazione di Stato della marijuana per combattere i trafficanti, progetta, invece, un risanamento ‘dolce’: tagli alla spesa meno drastici e subito maggiori tasse sui redditi superiori ai 150mila euro. Qualche incertezza in tv proprio sull’economia ha però nuociuto in campagna all’affidabilità del leader laburista.

In Belgio, un ‘fattore donna’ s’inserisce nella complessa equazione politica di un Paese da 30 anni sul filo della secessione, ma rimasto finora unito, dove la spaccatura linguistica fra fiamminghi, a nord, cattolici e floridi, e francofoni, a sud, socialisti e meno ricchi, duplica gli schieramenti, senza contare il peso di Bruxelles, capitale europea contesa. Il premier uscente Yves Leterme, fiammingo, cattolico, s’è fatto da parte con un messaggio su twitter: se i cristiano-democratici fiamminghi avranno di nuovo il premier, toccherà, per la prima volta in Belgio, a una donna, Marianne Thyssen.

Nonostante un debito pubblico oltre il 100% del Pil nel 2011 e l'incubo di risparmi da 22 miliardi di euro, per stare nel patto di stabilità, la campagna elettorale resta dominata dai contrasti tra le comunità, non sopiti dalla riforma del 1993, e dalle tentazioni di separatismo delle Fiandre.

Proprio per il peso della crisi, i fiamminghi, che da soli se la cavano meglio, vogliono più autonomia, un po’ come da noi avviene nel Nord leghista. I separatisti moderati di Bart De Wever hanno un quarto delle intenzioni di voto, il doppio delle regionali 2009, e sono la prima forza fiamminga, sottraendo suffragi ai cristiano-sociali e all’estrema destra. Ma, quasi per assurdo, la loro ascesa favorisce l’aspirazione a premier di Elio Di Rupo, leader socialista francofono dall'inseparabile papillon, d’origini abruzzesi. I negoziati per formare il governo, laboriosissimi, potrebbero offuscare, dal 1.o luglio, il semestre di presidenza belga del Consiglio dell’Ue.

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