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domenica 5 dicembre 2010

Wikileaks: Italia-Russia, il prezzo degli affari, baratti e silenzi

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 05/12/2010

Quando l’importante è fare affari, o stringere alleanze, non importa quale sia il partner, può capitare di dovere chiudere un occhio, e magari anche due, e pure tapparsi il naso e turarsi le orecchie. Lo fa l’Italia di Mr B con la Russia, e pure con il Kazakhstan, la Bielorussia, la Libia. E lo fanno molti altri Paesi, anche gli Stati Uniti: un po’ di cinismo, o di ‘realismo’, sulla democrazia e sul rispetto dei diritti dell’uomo barattato con elementi di sicurezza o di interesse nazionale.

All’Italia, può capitare di farlo in modo più plateale di altri: i silenzi e le connivenze del governo Berlusconi, ad esempio, sulla repressione in Cecenia così come sugli attentati alla libertà di stampa sono magari funzione dell’amicizia personale tra Silvio e l’uomo forte russo, Vladimir Putin, ma trovano un corrispettivo nei grossi affari russi di molte aziende italiane. E, qualche volta, il prezzo da pagare non è neppure né troppo elevato né troppo imbarazzante: basta offrire una pensione estiva alla famiglia Putin (che se poi è Villa Certosa, la residenza del premier in Sardegna, che male c’è?).

Certo, il pulpito americano non è proprio il più autorevole, per giocare alla trave e alla pagliuzza nell’occhio proprio e del vicino, dopo che per anni l’Amministrazione statunitense ha avallato, sotto l’insegna della lotta al terrorismo, tutto quello che Mosca faceva (adesso, però, il ministro Frattini s’è accorto che Bush e il suo vice Dick Cheney sbagliavano, mentre –aggiunge- c’è “piena sintonia” verso la Russia con l’Amministrazione Obama). Ma i cablo delle ambasciate degli Usa a Roma e a Mosca, pubblicati nel flusso delle rivelazioni di Wikileaks, snocciolano indicazioni inquietanti. Uno, datato 20 maggio 2009, afferma che “la relazione personale tra Berlusconi e Putin è un elemento chiave delle relazioni Italia-Russia” e ricorda, appunto, le vacanze della famigliola russa in Costa Smeralda:

Ma quel documento va al di là dell’aneddotica personale e afferma: ''Sebbene il Governo italiano abbia compreso le manchevolezze del Governo russo, non può permettersi di essere troppo duro nelle sue critiche", perché "l'interdipendenza economica ha un prezzo". Il cablo cita un funzionario dell’ambasciata d’Italia a Mosca, Lorenzo Fanara, che spiega come le relazioni economiche bilaterali siano "forti abbastanza da influenzare la posizione politica dell’Italia verso la Russia", che “è semplicemente un partner economico troppo importante per noi": "i leader, i politici e gli uomini d’affari italiani saranno sempre attenti nel trattare con la Russia dal momento che l’Italia vi esporta ogni anno beni del valore di oltre 10 miliardi di euro, per lo più prodotti da piccole e medie industrie".

Perché bisogna riconoscere che l’acquiescenza italiana è ben pagata: interscambio a parte, basta pensare all’affare da 16 miliardi della rete di gasdotti SouthStream e dell’intreccio d’interessi energetici e finanziari che ci stanno dietro, con una società svizzera costituita da Eni e Gazprom, gigante energetico russo: Per difendere SouthStream, l’Italia si mette contro l’America e l’Europa, che tengono, invece, al progetto Nabucco: il primo ‘esalta’ la dipendenza energetica balcanica ed europea dalla Russia, il secondo contribuisce a diversificare, andando a pescare l’energia nelle repubbliche post-sovietiche dell’Asia Centrale (per carità, dal punto di vista del chiudere un occhio sul rispetto dei valori non è che fare affari laggiù sia meglio che farli in Russia).

SouthStream è il pezzo grosso della complicità affaristica fra Italia e Russia. Ma c’è altro: venerdì, ad esempio, il Vertice di Soci s’è concluso con la firma di sette intese che spaziano dalla difesa all’energia –Eni, ma pure Enel-, dalla banche alle pmi alle poste (un accordo quadro). E, sul fronte militare, Mosca autorizza il transito ferroviario di armi e truppe italiane, oltre che di materiale logistico, verso l’Afghanistan –domanda: ma non è meglio spedircelo in aereo?- ed è interessata a produrre in joint venture 2500 Lince –i veicoli blindati usati, appunto, in Afghanistan-.

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