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giovedì 25 agosto 2011

Libia: Francia (e Usa) organizzano il 'dopo Gheddafi'

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/08/2011

Tripoli è l’epicentro dell’epilogo del conflitto in Libia: lì, va in scena il crollo di un regime. Ma, altrove, soprattutto a Parigi, si tessono le trame del ‘dopo Gheddafi’. Il capo del governo provvisorio del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) di Bengasi Mahmoud Jibril ha ieri incontrato all’Eliseo il presidente francese Nicolas Sarkozy; e oggi a Milano in prefettura vedrà il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Dal colloquio di Parigi è uscita confermata la linea tracciata, martedì, da Sarkozy e dal presidente Usa Barack Obama, d’accordo per mantenere la pressione militare fin quando Gheddafi e il suo clan non depongano le armi. C’è la convinzione, condivisa dal Cnt, che “il regime libico sarà finito solo quando il Colonnello sarà stato catturato o ucciso”, perché dittatore libero costituisce una minaccia.

Incontrando la stampa con Jibril, Sarkozy annuncia che una conferenza internazionale degli “amici della Libia” si riunirà a Parigi il 1.o settembre, già la prossima settimana: fra gli invitati, il capo dell’Onu Ban Ky-moon e i Paesi del Gruppo di Contatto, ma anche Russia, Cina, India. E conferma che le operazioni belliche cesseranno solo quando la ‘minaccia Gheddafi’ sarà cessata. Jibrill, invece, conferma la volontà di processare il Colonnello, su cui, vivo o morto, pende ora una taglia da due milioni di dinari, circa 1,5 milioni di euro, offerta da uomini d’affari libici, e indica l’intenzione di organizzare entro otto mesi elezioni legislative e presidenziali

Stati Uniti e Francia, insieme alla Gran Bretagna, stanno accelerando i tempi per sbloccare gli averi libici congelati, così che i ribelli possano disporne.Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu s’è ieri riunito per discutere una proposta di Washington su come smorzare gli effetti d’una risoluzione dell’Onu del 26 febbraio, che imponeva sanzioni severe al colonnello Gheddafi, alla sua famiglia, al suo clan, per la brutale repressione delle prime manifestazioni di protesta e dissenso. Il 17 marzo, il Consiglio di Sicurezza avrebbe autorizzato l’uso della forza in Libia, a tutela della popolazione civile.

Per Sarkozy e, in minore misura, per Obama, la vittoria dei ribelli a Tripoli è un punto a favore. Ma il successo internazionale appare destinato ad avere un impatto modesto sulle campagne elettorali che, l’anno prossimo, attendono entrambi i leader. La Francia, con la Gran Bretagna, è stata l’elemento di punta dell’intervento militare, schierando pure sul terreno proprio forze speciali, accanto a quelle britanniche e del Qatar, dopo essere stata il primo Paese a chiedere che Gheddafi lasciasse il potere (25 febbraio) e a riconoscere il Cnt come “interlocutore unico” (11 marzo) inviando un ambasciatore a Bengasi. L’incontro di ieri con Jibril è stato per Sarkozy un modo d’intascare il dividendo politico della vittoria libica, in attesa, magari, di incassare quello, più concreto, economico, energetico e commerciale.

Fra i leader meno esporti sul fronte libico, il presidente russo Dmitri Medvedev, sempre contrario all’intervento armato, ritiene che vi siano in Libia “due poteri” e invita al negoziato. Ma Mosca, come Pechino, è ora pronta a stabilire relazioni con i ribelli se questi riescono a unificare il Paese.

Fra gli ‘amici’ del Colonnello, che vede il suo regime dissolversi dopo oltre 42 anni, il Nicaragia è pronto ad accordargli asilo, come pure il Venezuela, nella cui ambasciata a Tripoli c’è chi crede che Gheddafi si sia già rifugiato. E pure l’Uganda aveva, tempo fa, offerto rifugio al dittatore libico.

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