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sabato 31 dicembre 2011

2012: salpare con il Titanic nell'anno dei Maya (e dell'euro)

Scritto in varie versioni per AffarInternazionali, l'Indro e Il Fatto Quotidiano

L’anno del rinnovamento. Oppure, l’anno del sovvertimento. O, ancora, come spesso accade, l’anno in cui può accadere di tutto, ma , alla fine, non succede (quasi) nulla. Hanno molteplici sfaccettature le predizioni del 2012, che a farle siano antichi aruspici od oracoli moderni, politologi e futurologi.

Salpare con il Titanic nell’anno della fine del mondo dei maya; o, per le cassandre più attuali, della fine dell’euro. Uno scenario da catastrofe, soprattutto per quanti parteciperanno alla Crociera del Centenario, che partirà da Southampton l’8 aprile, la domenica di Pasqua, con destinazione il luogo esatto del drammatico impatto tra il transatlantico e l’iceberg. La Titanic Memorial Cruise intende ripercorrere il percorso e ricreare l’atmosfera del fatale viaggio di cent’anni or sono, verso quello che è divenuto il più celebre naufragio di tutti i tempi. La notte tra il 14 e il 15 aprile, la crociera, puntuale all’appuntamento con la storia, sarà sulle coordinate precise di quella tragedia. Il copione non prevede, però, che altrettanto puntuale sia l’iceberg, che, anzi, è pregato di tenersi alla larga, nonostante i cambiamenti di clima e le diavolerie tecnologiche varie di cui l’uomo s’è nel frattempo dotato.

L’anniversario dell’affondamento del Titanic, per il quale il calendario delle celebrazioni è fitto, lungo la rotta –Dublino, Belfast, New York- e altrove nel Mondo, basta a evocare la fragilità dell’uomo e delle sue realizzazioni: se andò a picco quel transatlantico, figuriamoci se non possono andare a fondo Ue ed euro, costretti a navigare a vista fra gli iceberg della speculazione finanziaria e degli egoismi nazionali (senza essersi neppure dotati di paratie stagne). Ma il monito può forse indurre i leader europei a cambiare rotta il più presto possibile: la notte che il Titanic affondò, cent’anni or sono, l’Unione e la sua moneta potrebbero già solcare acque più tranquille, sempre che i vertici in programma a gennaio e a marzo siano stati positivi.

Se si sottrarrà al destino da tregenda sotto la cui stella pare nascere, il 2012 è un anno che può cambiare la leadership del Mondo: l’idea ha ispirato il numero di dicembre della rivista Formiche, aperto da un’analisi dubitativa di Vittorio Emanuele Parsi: dubitativa, perché è difficile che il cambiamento avvenga. Cercando di individuare temi e personaggi dell’Anno Nuovo, l’Ispi osserva che il Mondo vive una crisi di governante e che essa non si risolverà nei prossimi 12 mesi; anzi, si farà sentire “la tensione tra vecchi e nuovi protagonisti capaci di costruire insieme strumenti adatti a governare le nuove interazioni politiche ed economiche globali”.

L’anno che verrà sarà eccezionalmente denso di appuntamenti elettorali: presidenziali in Russia, Francia, Stati Uniti; e ancora in India, Messico, Venezuela e in numerosi altri Paesi. Ma, alla fine, le facce che contano resteranno le stesse, c’è –quasi- da scommetterci. Negli Stati Uniti, il 6 novembre, Barack Obama sarà confermato, nonostante un primo mandato al di sotto delle aspettative suscitate dal suo arrivo alla Casa Bianca nel 2009 (unica insidia, la ricaduta degli Usa nella crisi).

In Russia, il 4 marzo, Vladimir Putin si riprenderà il posto di presidente, provvisoriamente ceduto a Dmitri Medvedev (che tornerà a fare il premier). E, in Francia, Nicolas Sarkozy e la sua ‘première dame’ italiana Carla Bruni resteranno all’Eliseo, complice il harakiri dei socialisti che si sono scelti come candidato nel doppio voto di aprile e maggio François Hollande, un funzionario di partito senza smalto. Persino in Venezuela, Hugo Chavez resta il favorito il 7 ottobre: l’unico avversario che potrebbe sconfiggerlo è la malattia.

Così, la sola faccia nuova nel gotha dei potenti finirà con l’essere, fra un anno, Xi Jinping, presidente cinese in pectore, uomo di punta della quinta generazione dei comunisti cinesi, successore da tempo designato di Hu Jintao, destinato alla pensione, per limiti di età, in occasione del XVIII Congresso del Partito comunista cinese nell’autunno prossimo. Con Hu, uscirà di scena pure il premier Wen Jiabao (e pure lì non c’è pathos: il successore è già conosciuto, Li Kegiang). Sarà un avvicendamento generazionale importante: riguarderà sette dei nove membri dell’attuale comitato centrale del Pcc. E una Cina più giovane è un’incognita importante sulla scena mondiale (ma sono carte che si scopriranno soprattutto nel 2013).

Se i leader non cambieranno o cambieranno secondo copioni già scritti, la governante mondiale appare lo stesso in fase di transizione, se non altro perché il 2011 ha certificato l’inadeguatezza degli attuali organismi internazionale a gestire la crisi e, soprattutto, a tirarcene fuori. Così, l’Unione europea affronta mesi cruciali nello sforzo di arginale la crisi del debito e di salvare l’euro con presidenze di turno semestrali relativamente deboli –la Danimarca e l’esordiente Cipro- (e pure a rischio di tensioni, per quanto riguarda Cipro con la Turchia). Il G20 e il G8, unificati nel 2011 sotto presidenza francese, dividono i loro percorsi, e, quindi, probabilmente riducono ulteriormente il loro coordinamento, con il G20 sotto presidenza messicana e il G8 sotto presidenza statunitense –Obama riceverà i Grandi del Mondo nella sua Chicago il 19 maggio e lì organizzerà pure il Vertice della Nato-. Ma tutto il circo di appuntamenti internazionali politici e finanziari al massimo livello, comprese le riunioni del Fondo monetario internazionale, rischia solo di confermare la carenza di leadership economica mondiale, che ostacola l’uscita dell’economia globale dal suo disordine depressivo datato, ormai, 2008.

Un Mondo in crisi, ma almeno un Mondo in pace? Il tasso di conflittualità può apparire in calo, dopo la fine della guerra in Iraq –decretata dal ritiro dell’ultimo soldato combattente americano- e l’annuncio dell’inizio del disimpegno in Afghanistan: cessazioni o riduzioni delle ostilità ad uso dell’Occidente, più che a concreto beneficio delle popolazioni locali. E, vicino a noi, sulla riva sud del Mediterraneo, la riconciliazione fra israeliani e palestinesi non fa passi avanti e la democrazia si conquista a fatica spazi negli sviluppi della Primavera araba. Il 2012 ci porta certo un segno di pace: i Giochi di Londra. Ma questa storia della tregua olimpica è una balla moderna: sono le guerre che interrompono i Giochi, non viceversa.

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