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venerdì 9 dicembre 2011

Usa-Russia: opportunismi elettorali e (qualche) grana vera

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 09/12/2011

C’è anche un intreccio di opportunismi elettorali, dietro il rialzo di tensione di questi giorni tra Usa e Russia. A pronta casa, esigibili quasi immediatamente, gli interessi del premier, e futuro ri-presidente russo, Vladimir Putin. A medio termine, e forse mai esigibili, quelli del presidente statunitense Barack Obama. E c’è pure una diffidenza quasi personale. Obama e la sua squadra, che avevano ereditato dall’Amministrazione Bush un rapporto con la Russia andato gradatamente deteriorandosi, hanno fatto un reset delle relazioni bilaterali in gran parte basato sulla buona intesa tra i presidente americano e russo: Dmitri Medvedev suscita, a Washington, eno riserve di Putin, contro cui giocano il passato da agente del Kgb, gli esibizionismi ‘machisti’, i comportamenti da oligarca e gli atteggiamenti antidemocratici verso la stampa libera e gli oppositori politici.

Il successo inferiore alle previsioni di Putin e del suo partito nelle elezioni politiche di domenica hanno dato la stura a scambi di accuse. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton denuncia rischi di brogli e chiede rispetto della libertà di manifestare. Putin la attacca e la accusa: “Gli Usa fomentano le proteste –dice- e hanno speso centinaia di milioni di dollari per influire sul risultato del voto”. Una replica da Guerra Fredda: “Ci fanno barcollare –gli Stati Uniti, ndr-, per ricordarci chi comanda”.

Agitare lo spettro d’un nemico esterno e riproporre in chiave ora nazionalista, non più ideologica, la contrapposizione fondamentale per tre generazioni di cittadini russi tra Washington e Mosca, può aiutare Putin a compattare la propria base e a ritrovare un largo sostegno, in vista delle presidenziali di marzo, quando sarà candidato a un terzo mandato, mentre Medvedev, che è stato un po’ più della sua controfigura per quattro anni al Cremlino, dovrebbe tornare al ruolo di premier.

Per Obama, la scadenza elettorale è più lontana –6 novembre, 11 mesi esatti- e l’utilità per lui d’un’eco di Guerra Fredda è dubbia. Gli americani hanno il nemico in casa, la crisi economica, ed appare difficile distrarli alimentando preoccupazioni internazionali. Ma, in genere, le tensioni giovano al presidente in carica perché inducono alla solidarietà nazionale.

Il che non vuol dire che il rialzo di tensione sia tutto fittizio. I motivi di contrasto tra Washington e Mosca non mancano di certo: il contenzioso sullo scudo anti-missile, che prevede l’installazione di radar e batterie su territori dell’ex blocco comunista e che è stato percepito come un’iniziativa ostile da Putin, non s’è mai sopito del tutto. E, sia all’Onu che nei contatti bilaterali, Usa e Russia hanno sempre mantenuto atteggiamenti diversi verso, per esempio, l’Iran, la Siria, la Libia.

Mosca contribuisce ai programmi nucleari civili iraniani e non condivide le preoccupazioni occidentali, e israeliane, per un loro utilizzo a fini militari: è contraria ad azioni di forza e non è neppure disposta a inasprire le sanzioni dell’Onu. Anche verso la Siria, l’atteggiamento russo è meno severo di quello americano. E, verso la Libia, Mosca, dopo essersi astenuta sulla risoluzione dell’Onu che autorizzava il ricorso alla forza a protezione dei civili, non ha preso parte all’azione e ha criticato l’interpretazione estensiva del mandato delle Nazioni Unite degli Usa e dei loro alleati.

Al Consiglio Nato-Russia, ieri a Bruxelles, i contrasti sui programmi anti-missile atlantici sono emersi, nonostante l’Alleanza abbia ribadito che il sistema di difesa “non è volto contro la Russia”. Due anni fa, al vertice di Lisbona, Nato e Russia avevano firmato un patto di non aggressione e posto le basi per collaborare contro le nuove sfide della difesa, inclusa la minaccia missilistica. A Bruxelles, c’era, per l’Italia, il ministro degli esteri Giulio Terzi, che,martedì, a Bonn, alla Conferenza sull’Afghanistan, aveva avuto un colloquio con il collega russo Serguiei Lavrov: un’occasione per richiamare “l’agenda bilaterale estremamente ricca” delle relazioni bilaterali.

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