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sabato 31 dicembre 2011

Ue: leader cercansi, la 'miniera delle donne' danese

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 31/12/2012

Nell’Europa a caccia di leader, meglio se giovani, c’è una miniera di donne tutta da esplorare: sta in Danimarca, terra d’europeismo tiepido –l’euro accettato senza rinunciare alla corona, il Trattato di Maastricht ai suoi tempi mandato giù di traverso-, ma di grande concretezza. Il Paese che, all’ingresso nel 2012, assumerà la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue è attualmente guidato da un poker di donne: non proprio tutte giovani, neppure nella concezione italiana dilatata di tale termine, ma tutte in gamba.

Il capo dello Stato è la regina Margherita II, che giovane non è né d’età –ha 72 anni- né di trono –vi siede dal 1972: praticamente, il suo regno coincide con il percorso europeo del suo Paese, entrato nell’allora Comunità nel 1973 insieme a Gran Bretagna e Irlanda. Il premier, da metà settembre, cioè da quando le elezioni politiche hanno segnato la sconfitta della coalizione di centro-destra guidata dal premier uscente Lars Lokke Rasmussen, è Helle Thorning-Schmidt, 44 anni, socialista, anzi socialdemocratica, come si dice in Danimarca, tutta d’un pezzo, nonostante vezzi da ‘Il diavolo veste Prada’ tipo tacchi a spillo e borse griffate che le hanno valso il soprannome poco rosso di Gucci-Helle (e anche l’ultimo sguardo lubrico europeo di Mr B, a un Vertice dell’Ue in autunno).

La Thorning-Schmidt è a capo di una coalizione di centro-sinistra i cui due altri partiti hanno pure donne leader: Mergrethe Vestager, 43 anni, social-liberale, ex ministro, madre di tre figli, presidente del partito da quand’era ancora trentenne, e Johanne Schmidt-Nielsen, 27 anni appena e già capo della sinistra radicale. Abilissima, Johanne in poco tempo è riuscita a dare una veste moderna e pragmatica alla Lista Unitaria, superando divisioni interne e anacronismi politici. Nel 2007, quando aveva 23 anni, si laureò in scienze sociali e venne eletta al Folketing, il Parlamento, dopo avere incentrato la sua campagna sui temi della sicurezza sociale e della lotta alle discriminazioni. Quell’anno, avrebbe lanciato 200 chili di pasta contro il ministero delle Finanze, per protestare contro i tagli alla scuola. Nelle politiche di settembre, è stata la più votata.

Gucci-Helle, Mergrethe e Johanne, ecco il trio di donne che, da gennaio, vuole lanciare, sulle note di Simon & Garfunkel, “un ponte sulle acque agitate” dell’Europa. La Danimarca, che riceve il testimone della presidenza dalla Polonia, di ponti s’intende, avendo costruito il più lungo d’Europa, quello di Oresund tra Copenaghen e Malmoe, quasi 16 chilometri. Ora, deve gettarne uno sulla crisi del debito per salvare l’euro, alla cui zona pure non appartiene a pieno, e deve, magari, gettarne uno sulla Manica, per ricongiungere la Gran Bretagna ai partner (Londra è rimasta separata dagli altri 26 Paesi sul Patto di Bilancio definito il 9 dicembre). Come Amleto delle tre Ofelie si offre il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, che dà loro in viatico un tuffo nell’ottimismo, l’euro –dice- dovrebbe "stabilizzarsi" nel 2012.

Solo danesi, nel calepino dei leader europei prossimi venturi?, per di più di sinistra? Se cercate proprio giovani, e proprio di sinistra, vi resta poco, nelle reti delle cronache politiche. La Spagna offre un valore sicuro, Carme Chacon Piqueras, 40 anni, ministro della difesa nello Zapatero II –incinta, visitò le truppe in Afghanistan e nel Kosovo-: candidata a succedere al premier alla guida del Psoe, le venne preferito il maturo Alfredo Perez Rubalcaba, votato, però, a sconfitta annunciata nelle elezioni politiche dello scorso anno. Per il resto, futuri leader europeisti di sinistra cercasi: Roberto Gualtieri, 45 anni, romano, si sta mettendo in luce al Parlamento europeo, dove fu eletto nel 2009 per la prima volta; e nell’Assemblea di Strasburgo si fanno pure valere il popolare tedesco Elmar Brok, che di anni ne ha già 65, il federalista irlandese Andrew Duff, 61, i verdi Eva Jolie, giudice, francese di nazionalità, norvegese di nascita, 68 anni, e Daniel Cohn-Bendit, franco-tedesco, che giovane non è, 66 anni, ma che è un simbolo del ’68. Però, la carta europea ‘pigliatutto’ è –o sarebbe, perché bisogna pur giocarla- un liberale fiammingo, Guy Verhofstad, 58 anni ‘appena’, premier belga per otto anni quand’era (molto) più snello.

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