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domenica 11 dicembre 2011

Crisi: Ue, una botta da toro dopo Vertice, ma Obama frena

Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/12/2011

Sarà che le borse sono chiuse e che la ‘botta da toro’ dopo le conclusioni del Vertice europeo durerà tutto il week-end. O sarà che le valutazioni della stampa ‘continentale’ sono sostanzialmente positivi, O sarà, pure, che il lavoro fatto, per quanto fragile e parziale, è davvero un buon inizio.

Fatto sta che l’atmosfera del giorno dopo il Vertice europeo che ha, o dovrebbe avere, salvato l’Ue e l’euro con un Patto di Bilancio fra 26 Paesi –fuori la Gran Bretagna-, anticipando a marzo 2012 l’operatività del fondo salva Stati e affidandone la gestione alla Bce, non è certo quella dell’alba dopo una catastrofe.

Anzi, la Germania è ottimista sul futuro dell’Europa, nonostante lo strappo di Londra. Gli accordi di Bruxelles risolveranno la crisi del debito, dice il ministro delle finanze Schauble: "Sono completamente convinto che le misure concordate per condurre in porto riforme istituzionali riusciranno a placare la crisi del debito", dichiara il ministro al settimanale Focus. "L’Europa è sempre uscita rafforzata dalle crisi", aggiunge, evocando la necessità che l’Unione agisca compatta per mantenere la propria influenza.

Le reazioni internazionali sono in linea con i commenti positivi tedeschi e, più in generale, europei. La Cina esprime la speranza che le decisioni del Vertice stabilizzino i mercati e rafforzino la fiducia. Negli Usa, il presidente Obama, dopo avere promosso con una larga sufficienza l’esito del Vertice, pur avvertendo che “resta molto da fare”, dedica il discorso del sabato alle difficoltà economiche americane: ci vorranno anni –ammette- per risolverle; e ci vuole un progetto a lungo termine per affrontare i problemi strutturali (vero, ma tocca a lui lavorarci). Anche il papa sembra echeggiare le conclusioni del Vertice, quando esorta a che “economia e mercato non siano mai disgiunti dalla solidarietà” e invita a “cercare l’equilibrio tra la tutela dei diritti del singolo e il bene comune” –pare quasi un rimprovero del papa tedesco alla cancelliera Merkel-.

L’entusiasmo tedesco non è però universale. Anzi, proprio un tedesco che nell’Ue conta (non quanto la Merkel, per carità), Martin Schulz, capogruppo socialista e futuro presidente del Parlamento europeo, paragona il Vertice di Bruxelles al Congresso di Vienna: ''Che cosa fanno Merkel e Sarkozy? Danno ordini agli altri Paesi aspettandosi che li eseguano. Questo non è il metodo comunitario”.

La battuta arriva da Firenze, dove c’è un seminario del gruppo. L’attacco di Schulz alla Merkel è fondato (le procedure tracciate a Bruxelles sono inter-governative, non comunitarie), ma ha anche motivazioni politiche: i socialisti sono all’opposizione in Germania e governano solo una manciata dei 27 Paesi Ue. Schulz comprende “l'irritazione verso la Merkel”, ma si chiede perché gli europei non ce l’abbiano allo stesso modo con Sarkozy: “Tra i due –spiega- è lei che decide. Lui spesso fa solo sue le posizioni della cancelliera”.

E a Londra? Il premier Cameron è l’eroe degli euro-scettici, ma è bersaglio di critiche della stampa per avere portato la Gran Bretagna all’isolamento. Il cancelliere dello scacchiere Osborne corre ai ripari: va bene il patto a 26, ma le regole del mercato unico, anche quelle dei servizi finanziari, vanno discusse a 27. Mica si può lasciare la City in balia del Continente.

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