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giovedì 19 agosto 2010

Iran: "Salvate Sakineh", mobilitazione anti-lapidazione

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/08/2010

“Salvate Mamma Sakineh”: donna, moglie, amante, complice –forse- d’omicidio, il caso di quest’iraniana di 43 anni, condannata a morte, suscita una mobilitazione internazionale: le lapidazioni creano sdegno in Occidente, pure in quei Paesi, come gli Stati Uniti, che non esitano a mettere a morte i loro cittadini. Ma, di quel che sta accadendo fuori dall’Iran, Sakineh, detenuta da due anni nel carcere di Tabriz, nel Nord-Ovest del Paese, non sa probabilmente nulla: il suo avvocato non può vederla e i suoi carcerieri di sicuro non le leggono la stampa estera né le danno accesso a internet.

Dai governi europei a grandi nomi dell’ ‘intellighentsia’ internazionale, la spinta per sottrarre all’esecuzione Sakineh Mohammadi Ashtiani, madre di due figli, cresce di giorno in giorno. Alla guida del movimento, c’è il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, uno dal cuore d’oro, che offre asilo a Sakineh, se gli iraniani la liberano, e non fa nulla per estradare in Italia Cesare Battisti, terrorista omicida.

Le autorità iraniane avvertono la pressione, non la gradiscono, ma non la ignorano: hanno già mostrato di essere attenti al clima internazionale, rinviando sine die, l’11 luglio, “per ragioni umanitarie”, l’imminente esecuzione. E martedì Teheran ha chiesto ai paesi occidentali di non interferire in una questione interna, ricordando che la vicenda è tuttora “all’esame” della giustizia, “molto meticolosa” quando c’è di mezzo un omicidio.

L’11 agosto, Sakineh, il velo sul viso, è stata condotta a confessare sulla tv pubblica: suo marito è stato ucciso dal suo amante sotto i suoi occhi, ha detto. L’ipotesi è che la confessione sia stata estorta a botte e che possa servire a tramutare la pena dalla lapidazione all’impiccagione

La tesi iraniana è che le pressioni internazionali non sia dettate da ragioni umanitarie, ma politiche: c’entrerebbe l’ostilità ai programmi nucleari di Teheran, che i Grandi del Mondo temono miri a dotarsi dell’atomica. La proposta di Lula è stata respinta: “Se liberassimo gli omicidi, non ci sarebbe più sicurezza. Quando le autorità brasiliane avranno visionato il dossier, capiranno che tutto questo cancan è stato montato per nuocere ai rapporti tra i nostri due Paesi”, dopo che Brasile e Turchia hanno rotto l’isolamento diplomatico iraniano.

E il presidente Mahmud Ahmadinejad ha voluto dire la sua: “Non c’è nessun bisogno che creiamo un problema al presidente Lula: preferiamo esportare in Brasile tecnologia piuttosto che certi individui”. Invece, in Brasile la questione sta divenendo un tema della campagna presidenziale per il voto del 3 ottobre.

Numerosi Paesi europei e l’Ue stessa vagliano il da farsi, mentre 17 personalità internazionali hanno pubblicato un appello perché Sakineh abbia salva la vita: fra i promotori, il filosofo francese Bernard-Henry Lévy, gli scrittori Wole Sayinka, nigeriano, Premio Nobel, Milan Kundera, ceco, Jorge Semprun, spagnolo, il cantante e sostenitore di nobili cause Bob Geldorf, la Nobel per la Pace Jody Williams e le attrici Mia Farrow e Juliette Binoche.

Gli avvocati di Sakineh non credono alla confessione e s’attendono che la Corte Suprema iraniana faccia conoscere il suo verdetto definitivo nei prossimi giorni. L’organizzazione umanitaria Human Right Watch teme che la confessione serva solo a corroborare la condanna.

La vicenda giudiziaria non è, del resto, lineare. Per Amnesty International, Sakineh sarebbe stata inizialmente condannata solo per avere avuto una “relazione illegale” con due uomini dopo la morte del marito; l’accusa di complicità in omicidio sarebbe stata poi aggiunta per meglio giustificare la condanna capitale. Ma le autorità iraniane ricordano che la condanna capitale venne pronunciata già nel 2006, per adulterio e complicità in omicidio.

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