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martedì 3 agosto 2010

Iraq: la 'nuova alba' Usa lascia il caos, guerra sui morti

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 03/08/2010

Barack Obama la canta chiara agli iracheni: “Non crediate, tirandola all’infinito nelle trattative per la formazione del governo e intensificando gli ammazzamenti, che gli americani restino più a lungo nel vostro Paese”. Le forze da combattimento statunitensi lasceranno l’Iraq entro la fine di agosto "come promesso e come previsto": il presidente lo dice ad Atlanta, a un convegno di reduci, mentre la sua Amministrazione cerca di contrastare, a suon di cifre, l’immagine dell’Iraq come di un Paese dove la violenza –90 mesi dopo l’invasione americana- è fuori controllo e in aumento.

Nella politica estera degli Stati Uniti, quello che conta oggi in funzione delle elezioni di midterm del 2 novembre sono l’Afghanistan e l’Iraq. Dall’Afghanistan, non c’è verso di pensare a ritirarsi tanto le cose vanno male – andarsi a leggere i documenti su Wikileaks per credere –: la promessa d’avviare lo sganciamento nell’estate 2011 appare già ottimista. E Obama non vuole "lasciare il Paese in mano ai talebani".

Ma il presidente non vuole neppure venire meno alla promessa di realizzare l'operazione New Dawn, cioè Nuova Alba, ovvero di completare, entro agosto, il ritiro dall’Iraq delle truppe combattenti, anche perché ne ha bisogno per completare il ‘surge’ in Afghanistan e portare a 96mila uomini il contingente anti-taleban. E non conta se a Baghdad, cinque mesi dopo le politiche, un governo non è stato ancora formato e il parlamento s’è riunito una sola volta per pochi minuti, mentre la violenza nel Paese, quale che ne sia la matrice, terroristica, integralista o politico-etnico-religiosa, è martellante.

Ad Atlanta, il presidente ricorda: "Da candidato alla presidenza ho giurato che, se fossi stato eletto, avrei messo una fine responsabile alla guerra in Iraq. Poco dopo il mio insediamento, ho annunciato la nostra nuova strategia per una passaggio totale del controllo del Paese agli iracheni”. E scandisce: "Sono stato chiaro sul fatto che entro la fine di agosto la missione americana da combattimento sarebbe terminata. Ed è esattamente ciò che faremo, come promesso e come previsto".

Le truppe americane, dunque, lasceranno il Paese, anche se la situazione laggiù non è né stabile né sicura: sul terreno, resteranno 50mila uomini per completare l’addestramento delle truppe irachene -erano 144mila quando Obama entrò alla Casa Bianca-.

E l’esercito americano non esita a polemizzare con i ministeri iracheni della difesa, dell’interno e della sanità, che sostengono che il mese di luglio, con 535 morti, di cui 396 civili, è stato il più cruento nel Paese da oltre due anni. In un comunicato, i militari americani mettono i numeri in riga: 222 morti, di cui 161 civili, e 782 feriti, di cui 526 civili, oltre a 55 caduti fra le forze di sicurezza irachene e 2010 feriti e sei caduti fra i soldati Usa con 201 feriti”. Ma la puntualizzazione americana è controproducente: vogliamo forse considerare ‘normale’ un Paese dove, in un mese, la violenza terroristica e politica fa ‘solo’ 283 morti e oltre 3mila feriti?

E mentre il vice di Obama Joe Biden dice che “il partito del caos” a Baghdad “ha fallito, anche l’Iraq conosce una sua Wikileaks: Lady Eliza Manningham-Buller, l’ex capo dell’ MI5 britannico, il servizio di 007, diffonde una lettura assai critica dell’invasione del 2003: ha aumentato di molto la minaccia di attacchi terroristici e ha radicalizzato i giovani musulmani nel Regno Unito, oltre ad aprire ad al Qaida le porte dell’Iraq dove prima non c’era.

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