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lunedì 21 marzo 2011

Libia: dopo la guerra civile, la guerra nei cieli e dal mare

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/03/2011

Per un mese, è stata una guerra civile, sanguinosa, brutale, altalenante. Ora, è una guerra aperta, dove una ‘coalizione di volenterosi’ –Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, altri Paesi occidentali, ma anche Stati arabi ed africani- presidia i cieli della Libia e scende in campo contro il regime dispotico del colonnello libico Muammar Gheddafi, a protezione delle popolazioni civili di Bengasi e della Cirenaica in rivolta.

Non sarà un’esibizione di forza indolore, una passeggiata militare. Il contesto interno è complicato: difficile distinguere sul terreno ‘buoni’ e ‘cattivi’; e i raid aerei, per quanto accurati possano essere, hanno sempre una componente d’aleatorietà e d’imprecisione. E, inoltre, il regime, che appariva agonizzante a fine febbraio, s’è rinfrancato e rinsaldato: adesso, è in posizione di forza; e minaccia ritorsioni contro i ‘volenterosi’. Parole pesanti, quando vengono da chi ordinò la strage di Lockerbie.

Il consulto a Parigi s’era da poco concluso, quando la coalizione internazionale ha lanciato, ieri pomeriggio, l’operazione militare: il primo a sparare è stato un aereo francese, che, alle 17.45 ora italiana, ha colpito un veicolo militare delle forze del regime in una località non precisata. E, in serata, è partito ‘Odissea all’alba’, l’intervento americano, con tiri di missili Cruise dalle unità nel Mediterraneo sulla Libia.

Azioni certo non determinanti, ma un modo per convincere Gheddafi e al suo clan che la determinazione degli alleati non è un bluff, dopo che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha autorizzato, giovedì notte, il ricorso alla forza per proteggere la popolazione civile. E, nel contempo, un modo per fare capire al Colonnello e ai suoi che non basta un ‘cessate-il-fuoco’ dichiarato, ma non rispettato, a soddisfare la coalizione; e un gesto che ridà speranza agli insorti, pur in un contesto d’incertezza su chi essi siano e anche sulle notizie che da essi trapelano.

Dopo settimane di esitazioni, sul ricorso alle sanzioni, l’ostracismo a Gheddafi, l’attuazione di una ‘no fly zone’ sul territorio libico, per impedire al regime di bombardare la gente che –armi in pugno- chiede libertà dal tiranno, tutto è precipitato nel giro di 48 ore: il voto dell’Onu, un consulto alla Nato (che, come Alleanza, resta fuori dal quadro), la riunione di Parigi, il via alle azioni. Però, il regime, intanto, s’è ripreso quasi tutto il Paese: disarcionarlo, ora, non sarà semplice. E, infatti, si progetta di ‘stabilizzare’ la situazione e di ridare poi fiato alla diplomazia.

Una ventina d’aerei francesi Rafale e Mirage hanno sorvolato il territorio libico, dopo che le truppe di Gheddafi, all’alba, avevano apparentemente bombardato Bengasi, che resta il bastione più saldo dell’opposizione. L’annuncio dei raid è stato salutato con scene di gioia ad Al-Marj, un centinaio di chilometri a nord-est di Bengasi, dove si trovano gruppi di civili fuggiti dal capoluogo della Cirenaica. Scene di gioia vi sono state anche altrove, ovunque sventola ancora la bandiera della rivolta, quella della monarchia senussa rovesciata dal colpo di stato che portò al potere il Colonnello.

Per la Francia, che torna a giocare un ruolo da potenza, e che tenta di riscattare le magre figure degli ultimi mesi, è l’ora dello sfoggio della forza. La portaerei a propulsione nucleare Charles de Gaulle s’appresta a lasciare la base di Tolone, sul Mediterraneo, per incrociare al largo della Libia, mentre gli aerei francesi e alleati hanno la missione di impedire attacchi aerei dell’aviazione libica contro Bengasi e le altre città insorte e anche di neutralizzare blindati o pezzi d’artiglieria al suolo che costituiscano una minaccia per la popolazione civile.

Sul terreno, dove la guerra civile ha finora fatto un numero di vittime imprecisato, certamente centinaia, forse oltre mille, la situazione resta difficile da descrivere con precisione. Il regime e i ribelli s’accusano a vicenda di violazione del ‘cessate-il-fuoco’: ci sono stati combattimenti alla periferia di Bengasi e i ribelli avrebbero abbattuto un aereo militare libico. Testimoni hanno riferito che, almeno fino al pomeriggio, le forze di Gheddafi hanno continuato a sparare con l’artiglieria pesante su quartieri residenziali ai bordi della città, a ovest; e alcuni obici sarebbero pure caduti sul centro. “E’ un massacro”, hanno riferito le fonti, le cui affermazioni non trovano però finora conferma. Temendo il peggio, migliaia di persone, intere gruppi familiari, hanno lasciato la città sotto attacco, in direzione nord-est.

Nell’Ovest del Paese, invece, le truppe di Gheddafi avanzano con i carri verso Zenten, meno di 150 km a sud-ovest di Tripoli, bombardando con l’artiglieria la periferia della città ribelle. A Misurata, 200 km a Est di Tripoli, gli insorti sostengono di avere respinto, a prezzo di 27 perdite, un’offensiva governativa. Testimoni riferiscono che ieri la città appariva calma.

A Tripoli, come al solito, centinaia di persone si sono radunate, in segno di sostegno, davanti al quartier generale del colonnello dittatore, “in attesa dell’attacco francese”, secondo quanto ha riferito la televisione pubblica. Le autorità hanno condotto una cinquantina di giornalisti stranieri, che c’è il timore possano essere trattati come scudi umani, ad assistere alla manifestazione. Oggi, è attesa nella capitale della Libia una delegazione dell’Unione africana, nel tentativo, fragile, di trovare “una soluzione africana” alla crisi.

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