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domenica 13 marzo 2011

Libia: il giorno della svolta dalla guerra al negoziato

Sritto per il Fatto Quotidiano del 09/03/2011

Nella crisi libica, che giorno dopo giorno pare allontanarsi dall’epilogo e confondersi, la giornata di martedì segna, forse, il passaggio dalla fase della guerra guerreggiata, le cui azioni non appaiono comunque risolutive, quando non sono solo dimostrative, pur nella loro ottusa violenza, alla guerra della politica, della diplomazia, della trattativa. E il fatto che, a mettere in piazza il negoziato, sia pure per restringerne il possibile sbocco, sia l’opposizione al regime del colonnello Gheddafi potrebbe non essere un segnale di forza degli insorti.

E mentre in diverse zone della Libia continuano i combattimenti tra forze lealiste e rivoltosi e dietro le quinte si tratta, le questioni internazionali dell’azione militare, da intraprendere o meno sotto forma di ‘no fly zone’, e dell’estenzione dell’applicazione delle sanzioni, restano aperte, tra consulti bilaterali e all’Onu, mentre i 27 dell’Ue si preparano a una doppia giornata –giovedì i ministri degli esteri, venerdì i capi di Stato o di governo- di vertici libici.

Il capo del Consiglio nazionale provvisorio libico, l'ex ministro della giustizia Mustafa Abdel Jalil, ha detto alla tv satellitare al Jazira che se Muammar Gheddafi "lascera' il Paese entro 72 ore –cioè prima di venerdì, ndr- e porrà fine a bombardamenti, noi non lo perseguiremo" per i suoi crimini. Ma Jalil ha contestualmente escluso che "siano in corso trattative dirette con Gheddafi", che non avrebbe inviato emissari o membri della famiglia: avvocati di Tripoli si sarebbero offerti coòe intermediari, senza che sia chiaro se dispongano di un mandato ed eventualmente quale.

Jalil, il cui Consiglio intende preparare la transizione al ‘dopo Gheddafi’, ha detto di avere parlato ora perchè "è necessario arrivare ad una soluzione che eviti ulteriori spargimenti di sangue". Ma la televisione di Stato in mattinata aveva negato categoricamente qualsiasi approccio con i rivoltosi. E, dopo che il Consiglio ha rilanciato con la sua offerta, fonti governative hanno di nuovo smentito contatti con gli avversari, liquidando le notizie al riguardo come mera "spazzatura", "fandonie senza senso".

Sul terreno, si continua a combattere, anche se l’efficacia e la portata delle azioni appare limitata: gli inviati sul terreno riferiscono tasselli di un puzzle che non possono ancora, però, rendere il senso dell’intera immagine. Le forze fedeli al regime hanno sferrato l'ennesimo attacco contro Zawiyah: l’assedio di fatto alla localita' strategica ad appena 40 chilometri a sud-ovest della capitale Tripoli è stato inasprito, ma, per il momento i ribelli che la presidiano continuano a resistere. Il nodo petrolifero di Ras Lanuf, in mattinata, sarebbe stato bombardato almeno altre sei volte, senza che, però, ne risultino vittime.

Secondo Jalil, la trattative coinvolgerebbe non solo libici, ma anche non meglio precisati “mediatori internazionali” il cui obiettivo sarebbero le dimissioni di Gheddafi. La diplomazia internazionale, effettivamente, è all’opera, anche se, in queste ore, pare macinare più parole che fatti: il segretario dell'Organizzazione della Conferenza Islamica, il turco Ekmeleddin Ihsanoglu, invita il Consiglio di Sicurezza dell'Onu a "fare il proprio dovere" e ad imporre sulla Libia una 'no-fly zone', già caldeggiata, con qualche distinguo, da Stati Uniti e Paesi occidentali, ma vista con riserve da Russia e da Cina (ma Pechino, che ha grossi interessi e grosse presenze in Libia, starebbe rivalutando l’ipotesi).

Del resto, le ore cruciali della diplomazia internazionale potrebbero essere le prossime: all’Onu, consulti del Consiglio di Sicurezza; e, a Bruxelles, i ministri della difesa della Nato, domani e venerdì, e in parallelo il doppio appuntamento Ue già indicato. Venerdì avranno una riunione d’emergenza anche i ministri degli Esteri della Lega Araba.

In vista dei Vertici, l'Ue avrebbe gia' trovato un accordo su un ampliamento delle sanzioni a Tripoli, che colpirebbero, adesso, oltre ai beni di Gheddafi e della sua famiglia, anche la Libyan Investment Authority (Lia), il fondo sovrano libico, più altre cinque entità, inclusa la Banca centrale. Decisioni che rischiano di avere contraccolpi in Italia, vista la penetrazione del capitale libico nella gfinanza e nelle imprese italiane.

L’Italia, che El Pais di ieri accusava apertamente di “doppio gioco” verso la Libia e Gheddafi, s’avvicina ai Vertici delle prossime 48 ore tra esitazioni e contraddizioni. Se la Lega esclude, parola di Umberto Bossi, una partecipazione a un intervento gi guerra, “perchè poi quelli verrebbero qua da noi”, il ministero della Difesa avrebbe già individuato in Sigonella, Trapani e Gioia del Colle le basi aeree da mettere a disposizione degli alleati atlantici, nel caso in cui maturasse l’attuazione della ‘no fly zone’ per impedire agli aerei di Gheddafi di bombardare i rivoltosi. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha comunque già escluso una partecipazione all’operazione di mezzi italiani, ferma restando l’eventualità del supporto logistico. Se n’è parlato ieri sera a Palazzo Chigi, dove un vertice interministeriale ha vagliato gli sviluppi della crisi libica e le eventuali conseguenze in termini di afflusso di immigrati verso le coste italiane.

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