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venerdì 25 marzo 2011

Libia: Nato trova accordo; Mr B e Vladi, tentazione mediazione

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/03/2011

A Washington, a Bruxelles, a Mosca la diplomazia internazionale continua a cercare, per ora senza esito, una via d’uscita alla crisi libica. Ieri, l’epicentro delle consultazioni è stata Bruxelles, dove capi di Stato e di governo dei 27 paesi Ue hanno avviato un vertice consacrato, sulla carta, alla governance economica, ma dominato nei fatti dalla guerra in Libia.

L’attesa si concentra sull’esito degli incontri bilaterali, con un faccia a faccia tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel. E i confessionali a margine del vertice potrebbero anche aiutare a capire che cosa ha mandato in crisi, negli ultimi giorni, il Berluskozysmo, cioè la forte comunione d’amorosi sensi tra il premier italiano e il presidente francese, oggi divisi su tutto: Gheddafi, la Nato, persino Bulgari e Parmalat.

Intanto, il Consiglio atlantico ha proseguito le consultazioni per raggiungere un consenso su come e quando affidare all’Alleanza la guida delle operazioni militari. E al Palazzo di Vetro di New York il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito a tarda sera (ora italiana). Emerge pure una tentazione di negoziato con Gheddafi, una via della mediazione: a suggerirle, è la Russia del premier Vladimir Putin, che è fuori dalla coalizione dei volenterosi e che nel Consiglio di sicurezza dell’Onu si è astenuta sulla risoluzione 1973.

L’idea di una mediazione solletica anche il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi che, in un’intervista al Corriere della Sera, prospetta una strategia in due mosse: primo, che il leader libico Muammar Gheddafi fermi la sua offensiva contro gli insorti cirenaici; secondo, l’avvio di un negoziato che consenta il superamento della crisi. Pare quasi che Silvio progetti un tavolo di amici, lui, Vladi e il Colonnello. E c’è già chi fa supposizioni su dove reperire un esilio sicuro per il leader libico.

Il ministro della difesa francese Gerard Longuet ripropone l’indispensabile parallelismo tra intervento militare e progetto politico “per costruire un futuro diverso del popolo libico”. Longuet aggiunge che la comunità internazionale non è “padrona della situazione” e che l’azione militare non ha una scadenza: “Vogliano incoraggiare l’emergere di un dialogo libico”.

Mentre la diplomazia fa lenti progressi, l’azione militare prosegue sul terreno, nei cieli, sul mare. L’esercito di Gheddafi denuncia “vittime civili” nei raid aerei della coalizione portati avanti soprattutto dalla Francia (un jet francese ha anche abbattuto un aereo libico, che violava la ‘no-fly zone’). I lealisti di Gheddafi tentano l’affondo su Misurata, nel cui porto tengono bloccati lavoratori stranieri in fuga dal paese, e l’Unicef sollecita un corridoio umanitario: anche i bambini –denuncia- sono vittime del conflitto.

Nel Parlamento italiano, che approva sia una risoluzione della maggioranza che un documento dell’opposizione parzialmente contraddittori, il ministro degli Esteri Franco Frattini avverte che “le divisioni indeboliscono la posizione dell’Italia” e insiste sul fatto che “non siamo lì a fare la guerra”. E anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, giudica “importante una convergenza in Parlamento” e ricorda che l’Italia si muove nell’ambito della Carta dell’Onu.

Le riunioni Ue e Nato di Bruxelles, ieri e oggi, avranno un seguito e, forse, un epilogo a Londra martedì, quando il segretario di Stato Usa Hillary Clinton incontrerà i colleghi europei. Gli Stati Uniti hanno fretta di alleggerire il loro ruolo in questa guerra e vedono di buon occhio un trasferimento della responsabilità militare all’Alleanza atlantica: il presidente Usa Barack Obama vuole stemperare le polemiche sul costo, soprattutto economico, per il momento, del coinvolgimento americano in questo conflitto (un miliardo di dollari la stima finora).

Il contrammiraglio Rinaldo Veri ha assunto la guida delle operazioni navali della Nato nel Mediterraneo per rendere effettivo l’embargo sulla vendita di armi e sul trasferimento di mercenari in Libia: nel suo quartier generale di Nisida, al largo di Napoli, Veri aspetta, però, che la sua flotta, per il momento forte di unità italiane, francesi, greche, turche, americane e canadesi, riceva da altri paesi rinforzi adeguati.

Ma i fronti libici non sono solo quelli dei raid aerei contro le difese lealiste, della no-fly zone e dell’embargo sulle armi. Continua la fuga dei disperati dalle coste del Nord Africa, in qualche modo ingigantita dagli eventi in Libia –c’è allarme per un barcone in difficoltà con 300 eritrei a bordo- e si intensifica il contagio dell’insurrezione alla Siria, dove si conterebbero ormai 25 morti a Daraa nella repressione delle proteste contro il regime. Secondo Amnesty International nelle ultime due settimane Damasco avrebbe fatto arrestare oltre cento oppositori.

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