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venerdì 9 settembre 2011

Libia: Italia, il Trattato e l'Amicizia sono per la vita

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 09/09/2011

Con la Libia, l’Italia vuole tornare al punto di partenza. Attenzione!, però: non equivochiamo e non andiamo troppo indietro nel tempo: nessuno fantastica dell’occupazione coloniale, un secolo fa giusto giusto. L’invasione della Libia cominciò il 5 ottobre 1911 –fra meno di un mese, l’anniversario-, con la conquista di Tripoli durante la guerra italo-turca iniziata il 29 settembre. Il punto di partenza cui il governo italiano punta è http://it.wikipedia.org/wiki/29_settembreil Trattato di Amicizia che il colonnello dittatore Muammar Gheddafi, quello cui adesso intimiamo di arrendersi, e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi firmarono in pompa magna a Bengasi il 30 agosto 2008.

E, infatti, il ministro degli esteri Franco Frattini ha spiegato, mercoledì, riferendo alla Camera sulla situazione in Libia, che "il futuro dei rapporti bilaterali italo-libici parte dalla riattivazione del Trattato di Amicizia", che il Cnt ha già richiesto, “con gli aggiornamenti da valutare insieme”. Non è una novità e nemmeno una sorpresa: che lì si volesse andare a parare, lo si era già capito ed era pure stato già detto chiaramente.

Anche se, a onor del vero, nei momenti più scomodi della crisi libica, l’inizio, quando non sapevamo bene di chi mostrarci amici, e poi lo scoppio del conflitto, quando c’era da fare dimenticare il peccato originale del rapporto straordinariamente intenso tra il colonnello e il Cavaliere, quel Trattato era stato bruscamente dichiarato sospeso e messo da parte, magari un po’ in barba alla legalità internazionale e molto in virtù di ‘real politik’.

Adesso, però, tirarlo fuori fa comodo. Può farlo al Cnt, il Consiglio nazionale transitorio libico, che vorrà avvalersi delle clausole favorevoli, il versamento di 5 miliardi di dollari dall’Italia alla Libia, in rate annuali di 250 milioni di dollari, ma pure, fra l’altro, borse di studio ai giovani libici e pensioni agli anziani vittime della repressione fascista.

E può indubbiamente farlo all’Italia, che vuole tornare a godere dei vantaggi che all’atto della firma Berlusconi aveva icasticamente riassunto nella formula “Meno clandestini, più gas e più petrolio”. E, infatti, Frattini, alla Camera, indica l’obiettivo di fondo: "Eravamo e resteremo il primo partner bilaterale della Libia" in campo energetico; gli "interessi strategici ed energetici dell’Italia in Libia" sono stati garantiti. E il ministro cita l'accordo fatto, a fine agosto, da Eni e Cnt per riattivare in ottobre il gasdotto Greenstream.

Il ripristino del Trattato, fatta salva la piccola insidia delle modifiche che gli insorti al potere vorranno apportarvi, era già stato sollecitato, oltre che da Frattini, dai ministri La Russa e Maroni A questo punto, il pericolo maggiore per l’Italia è un colpo di coda di Gheddafi: perché il Cnt sarà certo sensibile, nel dopo guerra, all’impegno militare-diplomatico-politico profuso dalla Francia a suo favore, ma non rinuncerà a cuor leggero ai dollari italiani e al rapporto con l’Eni, persino più consolidato di quello con l’Italia. Mentre il colonnello, se mai tornasse, farebbe sicuramente pagare all’Italia il fio del tradimento dell’amicizia.

Tranquilli!, però. Gheddafi non torna. Magari non se ne va, ma di sicuro non torna. Le assicurazioni della Nato, pronta a protrarre la missione al di là della scadenza del 26 settembre, se sussisteranno minacce per i civili, sono pesanti: l’Alleanza non molla, un’eventuale offensiva lealista sarà contrata. Frattini, anche ieri, ha detto che il dittatore “non ha più nessuna possibilità né di chiedere né di negoziare: deve soltanto consegnarsi”, per essere poi giudicato dalla Corte penale internazionale o, comunque, da un tribunale che possa celebrare un processo regolare, non amministrare una giustizia sommaria: “Non ne vogliamo l’impiccagione in piazza –per forza, era nostro amico, ndr-, ma ne vogliamo, però, una condanna esemplare per i delitti compiuti”.

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