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mercoledì 28 luglio 2010

Afghanistan: dividerlo in quattro, ipotesi di exit strategy

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/07/2010

In Afghanistan cosi' non si vince e dall'Afghanistan non c'e' modo di uscire. Robert Blackwill, ex ambasciatore degli Usa in India, ha un'dea: eliminare il problema smembrando il Paese in tre o quattro parti: il sud e l'est dove i pashtun ‘pro taliban’ sono maggioranza con il Pakistan, a creare una sorta di Pashtunistan; l'ovest con l'Iran; e il nord a sé, salvo farne confluire le etnie kirghisa e uzbeka nei Paesi di riferimento dell'ex Urss confinanti.

Così illustrata, l'idea di Blackwill, oggi analista molto ascoltato, è quasi una provocazione: lui pensa ad aree d’influenza più che as annessioni. Ma d'uno shock c'e' bisogno, dopo che la valanga di documenti rovesciata sull'opinione pubblica mondiale da Wikileaks ha messo a nudo una realtà già nota agli specialisti: che la guerra è un fiasco.

Con crudezza anche superiore allo scoop di Wikileaks, cronaca e numeri lo confermano. Un soldato britannico è divenuto, ieri, il caduto 400 della forza internazionale dall'inizio dell'anno: ucciso, uno in più, da fuoco amico. Il 2010 s’avvia a diventare l’anno più cruento dall’inizio del conflitto, ancor peggio del 2009. E la popolazione civile è fra due fuochi: lunedì, la conferma di una strage di Nato (52 vittime); ieri, una strage di taliban, sei civili uccisi e uno rapito.

Il Pentagono apre un’inchiesta penale sulla fuga dei documenti finiti su Wikileaks, dopo averne subito definito la pubblicazione “un atto criminale”. Ma i rapporti ora accessibili al pubblico fanno discutere: in Italia, i senatori del Pd delle commissioni Esteri e Difesa chiedono d’aprire un’indagine “sulle condizioni di svolgimento e sulle prospettive della missione in Afghanistan”. Emergency, invece, preferisce tacere: nel materiale su Wikileaks c’è un riferimento al rapimento e alla liberazione, di cui si occupò l’Ong, dell’inviato de la Repubblica Daniele Mastrogiacomo. Gino Strada e i suoi collaboratori stanno ancora provando a riaprire l’ospedale di Lashkar-gah, chiuso da oltre tre mesi dopo l’arresto di membri dello staff italiani, poi rilasciati perché innocenti.

Il generale Usa David Petraeus, che ha assunto il comando in Afghanistan in un momento insidioso, rinvia l’inizio dell’offensiva di Kandahar, che pareva imminente, anche per evitare un incremento delle perdite. Così i progressi per espandere lo spazio a sud sotto controllo dell’Isaf restano lenti. E ciò alimenta i dubbi sulla sostenibilità della missione. Secondo analisti americani, è chiaramente prematuro rinunciare alla strategia contro gli insorti che Petraeus ha ereditato dal suo predecessore, Stanley McChrystal, che aveva rafforzato l’apparato militare degli Stati Uniti in Afghanistan e che è poi stato dimesso a fine giugno per eccesso di critiche nei confronti dell’Amministrazione Obama.

Del resto, il ‘surge’ afghano, cioè l’invio di rinforzi, sarà completato solo alla fine di agosto. E, quindi, dicono gli esperti, bisogna dare il tempo alla strategia di ottenere risultati. Ma è diffusa l’impressione che i progressi che potranno essere fatti, se pure lo saranno, si riveleranno illusori. Blackwill propone che la coalizione passi da un ruolo di contro-insurrezione a un ruolo di anti-terrorismo, con una connotazione geo-politica. La Nato si ritirerebbe dal sud e si consoliderebbe nel nord più pacifico e ‘amico’. E l’obiettivo di ‘costruzione di uno Stato’ si ridurrebbe al contenimento della minaccia terroristica. Il che richiederebbe meno truppe, forse appena 40 mila.

Ne deriverebbe, però, una partizione de facto dell’Afghanistan in tre o quattro aree: le ferite afghane sarebbero in certo modo cauterizzate; la Nato eviterebbe l’umiliazione d’un ritiro puro e semplice; e la coalizione manterrebbe la capacità d’intervenire se i terroristi ricreassero basi in Afghanistan.

Questi i pro. Ma ci sono pure i contro. La nascita di un Pashtunistan indipendente destabilizzerebbe ulteriormente le relazioni già pessime tra India e Pakistan. E c'è pure da chiedersi se l'Occidente possa sottrarre l'Afghanistan al caos senza controllare l'intero Paese: lasciarne gran parte al nemico, trincerandosi nei 'santuari' al nord e aumentando la friabilità della Regione, potrebbe rivelarsi una scelta letale.

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