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giovedì 22 luglio 2010

MO: arabo si finge ebreo e seduce israeliana, è stupro

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/07/2010

Nella Sarajevo dei giorni dell’odio tra serbi e musulmani, Bosko, serbo, e Admira, musulmana, pagarono con la vita, sul Ponte dei Salici, il Vrbanja, la loro storia d’amore alla Romeo e Giulietta, l’ennesima tragedia dell’eterno contrasto tra l’umanità e l’intolleranza. Sabbar Kachour, palestinese, se l’è cavata più a buon mercato e, forse, non era neppure un Romeo, ma solo uno ‘sciupafemmine’ mediterraneo; né quella tra lui e la sua morosa d’una breve stagione era una storia d’amore vera, ché, altrimenti, sarebbe sopravvissuta a pregiudizi e integralismi.

Però la condanna inferta al giovane palestinese di Gerusalemme Est, colpevole di essersi fatto passare per ebreo, pur di ottenere i favori della giovane ebrea concupita, la cui identità e la cui età non vengono rivelate, è l’ennesima testimonianza di come la diffidenza e l’ostilità siano profonde nel Medio Oriente. Difficile credere che, se Sabbar fosse stato un ebreo, ugualmente bugiardo, e la donna una palestinese, la sentenza sarebbe stata la stessa.

Sabbar è stato condannato per stupro a 18 mesi di reclusione e ad altri 30 con la condizionale, oltre che a rifondere i danni, anche se la sua partner era pienamente consenziente ai rapporti sessuali. L’uomo, 30 anni, ha ammesso di avere mentito sulla sua identità nel settembre 2008, quando incontrò la ragazza: si dichiarò ebreo e celibe, in cerca di un legame serio, mentre è arabo e sposato e gli interessava solo fare sesso.

Quando scoprì la verità, la sua partner lo denunciò per stupro. I giudici di Gerusalemme ammettono che questo non è “un caso di stupro classico con il ricorso alla violenza”, bensì con il ricorso “all’inganno”: la durezza della pena deriva dalla certezza della Corte che la ragazza non avrebbe mai acconsentito al sesso se avesse saputo che il suo partner non era ebreo.

La legge israeliana non è un’anomalia assoluta. Anche altrove, ad esempio negli Usa, l’uso di una falsa identità per ottenere rapporti sessuali può condurre a una condanna per stupro. Tzvi Segal, uno dei giudici che ha seguito il caso, spiega al Guardian: “Siamo tenuti a proteggere i cittadini dai criminali che ingannano le loro vittime, corrompendone corpo e anima. La Corte deve scherarsi dalla parte degli innocenti. Dobbiamo salvaguardarli ed evitare che siano manipolati e ingannati”.

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