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mercoledì 21 luglio 2010

Afghanistan: non vinco la guerra, mi compro il talebano

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/07/2010

E due. La settimana scorsa, un soldato afgano aveva ucciso tre commilitoni britannici. Ieri, un altro soldato afghano ha ucciso, durante un’esercitazione di tiro, nel Nord del Paese, due civili Usa e un suo compagno d’armi, prima di essere a sua volta abbattuto. E’ accaduto a Camp Shaheen, vicino a Mazar-i-Sharif, dove nell’autunno 2001 ci fu il primo caduto americano in territorio afgano. E’ l’ennesima testimonianza della capacità dei talebani di infiltrare le forze di sicurezza afghane, proprio mentre a Kabul un’ennesima conferenza internazionale dà via libera alla cosiddetta strategia del ‘compra il talebano’: dove le armi non arrivano, e tanto meno la politica, forse avranno successo le lusinghe del potere e del denaro.

Corrompi il nemico, che non riesci a sconfiggere. Nell’imminenza della conferenza, il Guardian scriveva che Washington è ora disposta a negoziare con elementi di spicco dei talebani mediante intermediari, accettando la linea della trattativa portata avanti dal presidente afgano Hamid Karzai e dai governi britannico e pakistano. A Washington s’è capito che “una soluzione militare non esiste” e che bisogna “provare qualcos’altro”.

Le conclusioni della riunione di Kabul avallano le anticipazioni: passa, con qualche distinguo, il programma di pace e di reintegrazione del governo afghano, aperto a tutti gli insorti che rinuncino alla violenza, non abbiano legami coi terroristi e accettino l’obiettivo di “un Afghanistan pacifico”. I negoziati saranno segreti e potrebbero coinvolgere anche l’Arabia Saudita e organizzazioni indirettamente collegate ai talebani: “saranno complicati e potrebbero volerci anni”, avvertono fonti diplomatiche Usa.

Del resto, di anni in armi ne sono passati quasi nove: la fine appare lontana, la vittoria una chimera. E il pallottoliere del conflitto snocciola cifre più dure che mai: il 2010 è finora l’anno più cruento per i soldati stranieri in Afghanistan –ieri, due uomini delle forze internazionali sono stati uccisi nel sud del Paese da ordigni artigianali-; e a tutto giugno i talebani avevano fatto almeno 1.360 vittime civili –fonti Isaf-, il 12% in più dello scorso anno, il peggiore.

La nuova linea è l’ ‘afganizzazione’ del conflitto: entro il 2014, la gestione della sicurezza dovrebbe passare dall’Isaf al governo e alle forze militari e di polizia locali. Ma la Nato non avrà così esaurito la sua missione: resterà come forza di sostegno. Come è già avvenuto in Iraq, dove gli americani hanno da tempo affidato agli iracheni la gestione della sicurezza del Paese e stanno per completare, o quasi, il ritiro. Tutti d’accordo, ieri, a Kabul, nel precisare che il passaggio di consegne non potrà avvenire guardando al calendario, per rispettare scadenze sulla carta, ma solo in base all’evolvere della situazione sul terreno.

La conferenza internazionale, presenti una settantina di delegazioni –per gli Usa, c’era il segretario di Stato Hillary Clinton, per l’Italia il ministro degli esteri Franco Frattini-, s’è svolta in una città dove, nonostante le misure di sicurezza draconiane, vi sono stati incidenti e feriti. Il ritiro delle truppe statunitensi comincerà nel luglio 2011, conferma la Clinton, ma sarà “l’inizio di una nuova fase” dell’impegno americano in Afghanistan (e non della fine di esso).

Non è stata, come altre volte, una sorta di gara di beneficienza a chi offre di più per la ricostruzione. Ma, in contemporanea, a Washington, l’Fmi apriva la strada a un prestito da 125 milioni di dollari al governo afgano. Briciole: dati dell’Oxfam indicano che, ad oggi, la comunità internazionale ha speso 40 miliardi di dollari per lo sviluppo dell’Afghanistan (meno dei 50 miliardi di dollari spesi l’anno scorso solo dagli Stati Uniti per fare la guerra).

A conferenza conclusa, Frattini s’è detto soddisfatto. E oggi la Camera a Roma voterà il decreto che rifinanzia le missioni militari internazionali italiane: oltre all’Afghanistan, Libano, Kosovo, Haiti ed altre. Sono 364 milioni di euro, 55 milioni in più che nel primo semestre, proprio per l’aumento dell’impegno in Afghanistan, dove ora l’Italia ha 3790 uomini, 777 mezzi terrestri e 32 aeromobili.

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