Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/12/2013
Una tacca in più nell'escalation della brutalità e della ferocia di Kim
Jong-Un, giovane leader ereditario di uno dei Paesi meno liberi e più arretrati
di questo Mondo, la Corea del Nord. La purga che sfocia nell’arresto e nell’eliminazione,
in pochi giorni, dello zio e mentore Jang Sing-Thaek, oltre che di due suoi stretti
collaboratori, segna forse il momento di scontro più violento al vertice del
potere da decenni.
E gli analisti si chiedono se la frenesia sanguinaria di Kim –da agosto, le
esecuzioni collettive e pubbliche si sono succedute- sia il frutto di una percezione
d’instabilità, o di un controllo assoluto della situazione interna. Oppure, e
sarebbe la spiegazione più agghiacciante, d’una mancanza d’equilibrio mentale, che
farebbe del giovane dittatore una sorta di moderno Nerone che vuole sbarazzarsi
del maestro Seneca.
Se questa fosse la realtà, l’equilibrio della Corea del Nord, che ha
l’atomica, anche se non ha strumenti per colpire nemici lontani, sarebbe
precario e il Paese sarebbe un interlocutore assolutamente inaffidabile. Uno scenario
che alimenta ansie a Washington e, ovviamente, a Seul, dove la vigilanza è
alta, ma anche a Pechino, Mosca e in Europa.
Alcuni capi d’imputazione contro Jang –applausi tiepidi a un discorso del
nipote, ad esempio- indicano, di per sé, un rafforzamento del culto della personalità,
già molto forte. Purghe, campi di lavoro cui sono condannati i familiari dei
‘traditori’, sorveglianza della popolazione ossessiva: tutto ciò induce gli osservatori
a considerare il ‘Regno Eremita’ -per il suo isolamento internazionale-
l’ultimo regime staliniano.
Ma la confessione di Jang, riferita dall’agenzia di stampa ufficiale Kcna, può
anche suggerire un’alternativa: lo zio mentore, 67 anni, avrebbe ammesso di
“avere cercato di attizzare le lamentele del popolo e dell’esercito contro il
fallimento del regime nel fare fronte” alla crisi dell’economia e alle esigenze
della popolazione.
E a Seul c’è chi ritiene che l’esecuzione sul tamburo di Jang, arrestato in
pubblico, addirittura strappato dagli agenti alla propria sedia durante una
riunione ufficiale, processato, condannato come traditore e messo a morte,
mascheri “una instabilità cronica” –ma la dinastia dei Kim dura da oltre 60
anni-.
Nulla di nuovo nei metodi, perché il nonno Kim Il-Sung e il padre Kim Jong-Il
fecero lo stesso: negli Anni Settanta Kim Jong-Il si sbarazzò d’uno zio
insidioso allo stesso modo. L’obiettivo è sempre instillare nella popolazione
il massimo del terrore per garantirsene lealtà e obbedienza, nonostante la
persistente crisi economica e le condizioni di vita al limite della
sussistenza.
Dei sette dignitari ritratti al fianco di Kim il giovane in occasione dei
funerali del padre, dicembre 2011 –la ‘banda dei sette’, per la stampa
sud-coreana-, cinque sono fuori gioco, messi da parte, se non eliminati
fisicamente come Jang. E i due che restano sono molto anziani e non hanno più
ruoli di rilievo.
Segni premonitori della stretta c’erano già stati, anche se le informazioni
dalla Corea del Nord sono difficili da verificare –gli Usa, ieri, non avevano
conferme dell’accaduto, ma non avevano “motivo di dubitare” della Kcna-.
Il 3
novembre, in sette diverse località, 80 persone sarebbero state giustiziate in
pubblico con capi d’imputazione futili come avere guardato la televisione
sudcoreana, o possedere una bibbia, o avere diffuso materiale pornografico;
prostituzione. La notizia, mai confermata, veniva da un giornale conservatore
sud-coreano, che citava fuggiaschi nord-coreani.
In agosto, un
quotidiano di Honk-Kong raccontò la fucilazione di 12 persone, tra cui l’ex
fidanzata di Kim, Hyon Song-woi, nota cantante.
Tutti facevano parte di gruppi musicali: condannati perché colpevoli di pornografia,
pare per essersi fatti fotografare mentre facevano sesso, e messi a morte nel
giro di tre giorni. Anche la moglie di Kim, Ri Sol-Ju, era con Hyon nella Unhasu
Orchestra.
I satelliti occidentali, oltre a inquadrare i siti nucleari e missilistici
nord-coreani, riprendono i lager dove si presume siano state rinchiuse 150/200
mila persone. Ultimamente il
regime ha ristrutturato l’arcipelago gulag, chiudendo due campi. E studiando le
immagini dei satelliti e incrociando i dati, gli analisti osservano che la
popolazione dei reclusi si è ridotta. Rilasciati?, o eliminati?
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