Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/12/2013
Exit Olli Rehn: il commissario per gli Affari economici e
monetari si candida alle elezioni europee e punta alla nomination dei ‘liberali
e democratici’ alla presidenza dell'Esecutivo comunitario. Ciò comporta
l’auto-sospensione dall’incarico di commissario e apre un intreccio di partite
che tutte coinvolgono l’Italia.
Inutile, però, illudersi d’essersi già liberati di Rehn.
Fin quando sarà al suo posto, il finlandese che giocava al pallone -in serie
A-, invece che ad hockey, come la maggior parte dei suoi connazionali, si farà
sentire: ancora ieri, teneva sul filo la legge di stabilità italiana, rinviando
il giudizio a dopo l’approvazione definitiva da parte del Parlamento italiano.
Per valutarne l'impatto sui conti, e quindi il rispetto del limite del deficit
al 3%, bisognerà poi aspettare febbraio, quando la Commissione pubblicherà le
sue previsioni economiche invernali: lui, forse, ci sarà ancora.
Rehn, 51
anni, fu già deputato europeo dal 1995 al ’96. E’ commissario dal 2004, quando
subentrò, sul finire della Commissione
Prodi, a Erkki Liikanen -imprese e della società dell'informazione-. Nelle
Commissioni Barroso, Rehn ha prima gestito l'allargamento e, poi, come
vice-presidente, l’economia e la moneta, uno dei portafogli più importanti.
Lo conosce bene l'Italia, di cui è l’interlocutore
europeo più costante: dall’Imu alla golden rule, dalla legge di stabilità al
risanamento dei conti, Rehn è arbitro severo: non sa lasciare correre e ha il
cartellino facile. Dopo Barroso, è forse il commissario più noto da noi, non
certo il più amato.
La mossa di Rehn di candidarsi poggia su un ampio
sostegno e innesca, nella Commissione, i giochi per la sua successione, sia
pure ad interim, e, fra i ‘liberali e democratici’, quelli per la nomination a
candidato presidente dell’Esecutivo comunitario.
Il codice di condotta in vigore a Bruxelles prevede che
Rehn si auto-sospenda al più tardi dopo l'ultima plenaria del Parlamento
europeo prima della scadenza elettorale, cioè entro la metà di aprile 2014. Ma
è probabile che Rehn lo faccia prima, per condurre la campagna senza pastoie e,
anche, per evitare di lasciare a metà l’esercizio di valutazione dei bilanci
nazionali, quindi pure l’italiano, che avviene in primavera.
Ufficialmente, l’Esecutivo per ora non sa nulla. Ma i
portavoce giudicano la situazione che si verrà a creare “gestibile”. Tocca a
Barroso scegliere chi rimpiazzerà Rehn per i pochi mesi di vita restante a
questa Commissione, in scadenza l’anno prossimo. Il presidente potrebbe
decidere d’assumere lui l’interim, ma l’ampiezza e la delicatezza del
portafoglio sconsigliano questa soluzione. Meglio, magari, affidarsi a un
commissario esperto e autorevole, come lo spagnolo Joaquim Almunya, che gestì
economia e moneta dal 2004 al 2009 –ora è alla concorrenza-, o il francese
Michel Barnier –mercato interno-. Potrebbe essere uno di loro il prossimo
interlocutore europeo del governo italiano.
I ‘liberali e democratici’ (Alde) hanno 85 deputati
europei, compresi gli IdV: sono il terzo gruppo dell’Assemblea di Strasburgo,
dopo Ppe e S&D – socialisti e Pd -. Rehn contende la nomination a candidato
del partito alla presidenza della Commissione all’ex premier belga Guy Verhofstadt, fiammingo, federalista, capace
di esprimere una visione europea più accattivante di quella grigia e un po’
monocorde del finlandese. La scelta
avverrà a febbraio a Bruxelles, dopo che a Londra l’Alleanza ha approvato il
proprio manifesto politico
elettorale per un’Europa più forte e più semplice, capace di rispondere meglio
ai bisogni dei cittadini.
Il candidato Alde si batterà con quelli dei socialisti –Martin
Schulz in pole position-, della sinistra – Alexis Tsypras-, dei verdi –in lizza
nelle primarie, l’italiana Monica Frassoni-, dei conservatori –si parla del
premier irlandese Enda Kenny-, mentre i popolari decideranno a marzo se
mettersi in corsa e con chi –Barroso e Barnier sono due ipotesi-. La
designazione del presidente della Commissione spetterà poi al Consiglio
europeo, con successiva investitura del Parlamento europeo: una procedura che
l’Italia, presidente di turno del Consiglio dal 1.o luglio, dovrà pilotare.
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