Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/12/2013
Che sia un pretesto, un simbolo, o davvero la posta in
palio, l’Unione europea smuove le masse. Almeno in Ucraina, dove mezzo milione
di persone ha manifestato contro presidente e governo, dopo il no all’intesa
con l’Ue ribadito venerdì al Vertice di Vilnius in obbedienza a Mosca.
Il premier ucraino Mykola Azarov parla di “colpo di stato” in
atto a Kiev, dove, da domenica, oppositori bloccano il palazzo del governo e
–dice il potere- si appresterebbero a lanciare l’assalto al Parlamento. La
tensione è altissima: le organizzazioni internazionali e i Paesi vicini
predicano calma ed esprimono preoccupazione.
“Esercitiamo la pazienza, ma non vogliamo che si pensi che
in Ucraina tutto è permesso”, dice Azarov, ricevendo gli ambasciatori di Ue,
Usa e Canada, turbati dalla piega degli eventi. La repressione delle
manifestazioni ha fatto centinaia di feriti, fra cui una cinquantina di
giornalisti.
In Ucraina, in 22 anni d’indipendenza post-sovietica, il
pendolo ha più volte oscillato tra Ue e Russia. E la piazza ha già dimostrato
di potersi imporre, come fece la Rivoluzione Arancione ,
che portò al potere nel 2004 figure pro-occidentali. Corruzione, rivalità, l’impatto della crisi hanno però smorzato il
movimento: così, gli ucraini hanno ridato il potere un leader più vicino alla Russia
che all’Ue, l’attuale presidente Viktor Yanukovich, mentre Yulia Timoshenko,
eroina della rivoluzione, sconta in carcere una condanna politica.
Le proteste di domenica a Kiev e altrove, senza uguali dal
2004, sono proseguite, con l’occupazione nella capitale di piazze e strade. Le
regioni dell’Ovest, nazionaliste e pro-occidentali, aderiscono allo sciopero
generale. L’opposizione appare rafforzata
e invita la gente a mantenere ma mobilitazione fino alle dimissioni del
presidente e del governo.
In difficoltà, il regime manda segnali di dialogo. Il
presidente del Parlamento Volodymyr Rybak accetta di mettere ai voti oggi una
mozione di sfiducia al governo, che il
partito al potere non appoggia. E Yanukovich riconosce in tv che le forze
dell’ordine “sono andate troppo oltre”.
Il governo non intenderebbe proclamare lo stato d’emergenza.
Ma da Mosca Vladimir Putin getta benzina sul fuoco: le manifestazioni –dice-
sono “preparate dall’estero” e “assomigliano più a un pogrom che a una
rivoluzione”.
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