Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/01/2014
“Donne
e eroi dei Paesi tuoi”, recita un adagio popolare. Cioè, non è proprio così, ma
i buoi, ormai, non li vuole più nessuno e gli eroi, invece, servono sempre, lì,
nella tribuna del discorso sullo stato dell’Unione, specie se il pistolotto ha
tanto di elettorale e poco di ‘motivational’: il presidente Barack Obama parla
alla classe media, cioè alla sua gente, a chi lo vota.
Obama non
segue l’adagio: chiama come ospiti e testimonial, accanto alla first lady, Michelle,
un reduce gravemente ferito – un classico, quasi immancabile dopo l’11
Settembre – e, a sorpresa, un pizzaiolo italiano –oddio!, è nato a Milano e non
a Napoli -, che ha una catena di pizzerie (e fin qui, nulla di strano), ma che
ha soprattutto deciso, per conto suo, di alzare la paga minima ai propri
dipendenti, a 10 dollari l’ora. E’ proprio quello che il presidente vuole fare
con i dipendenti pubblici, 10,10 dollari l’ora: per conto suo, come il
pizzaiolo milanese. Se il Congresso frena, andrà avanti per decreto.
Il
braccio di ferro col Congresso -l’opposizione repubblicana controlla la Camera- è la filigrana di
tutto il discorso. Come se Obama chiedesse a un pubblico un po’ distratto –
l’audience, stavolta, non farà concorrenza a quella dell’imminente Super Bowl
-: “Toglietemi le pastoie, lasciatemi realizzare le mie promesse”.
Il
veterano, il sergente di fanteria Cory Remsburg, cieco di un occhio e malandato,
dopo essere stato colpito da un ordigno artigianale alla decima missione in
Afghanistan – magari è uno po’ esaltato, come il protagonista di Hurt Locker -,
scalda l’aula, perché è il simbolo dell’America che non molla mai: standing
ovation d’ordinanza di 2 minuti; lui che risponde col pollice levato al saluto
militare del comandante in capo.
Il
pizzaiolo John Soranno ha avuto anche lui la sua dose di applausi, ma meno
patriottici (e più circospetti: lì, i repubblicani fiutavano la trappola). Una
storia, la sua, non specialissima: è arrivato in America per completare gli
studi e, magari, per cercare fortuna; e s’è fatto strada. Oggi, è proprietario
di una catena di otto pizzerie –non proprio Pizza Hut, ma almeno la pizza avrà
qualcosa dell’originale- ed è pure attento al benessere dei suoi dipendenti. “John
-ha spiegato Obama- ha dato un aumento al suo personale, ha migliorato il loro bilancio
familiare, ha tenuto alto il loro morale. E’ tempo che tutti gli imprenditori
americani seguano il suo esempio. E’ tempo di dare un aumento all'America”.
Quello
che lui vuole fare: mettere più soldi in busta paga e risollevare il morale
agli americani, cui la crescita non restituisce fiducia ed entusiasmo. C’è
sempre la paura che la crisi ritorni. E, forse, manca all’Unione un presidente
che sia bravo come il candidato del 2008, quello che diceva ‘Yes we can’ e
tutti, ovunque, ci credevano.
Invece,
Obama parla col freno a mano tirato: il 2014 deve essere “l’anno della svolta”,
ma tutti gli anni nascono per esserlo; e
l’anno della chiusura di Guantanamo. Lo promette dal 2008 e non l’ha ancora
fatto; anche stavolta, ci mette una chiosa: “se il Congresso lo consente”,
nell’anno che vedrà –questo forse sì- la fine della guerra in Afghanistan,
almeno per gli americani e i loro alleati.
Il
resto è un inventario di buone intenzioni, di politica interna –molte- e
internazionale –poche-, tutte condivisibili. C’è il rischio che ce le
raccontiamo fino al 4 novembre, il giorno del voto di ‘midterm’.
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