Di sicuro, non ci siamo fatti degli amici. La
decisione di fare rimanere in patria i due marò Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone viene ovviamente accolta male dall'India e viene commentata
freddamente dall’Unione europea, che pure era stata vicina all'Italia nella
vicenda.
Certo, gli occhi dell’umanità non sono tutti puntati
su questa vicenda, proprio nel giorno in cui, qui, si apre il Conclave e,
altrove, guerra e violenza lasciano la loro consueta striscia di sangue e
dolore. Ma chi ci guarda lo fa, spesso, senza capire e senza mostrarci simpatia.
La notizia, sparata con toni critici dalla stampa
indiana, trova spazio in tutto il Mondo: ne parlano Ap e Reuters e pure Bbc,
NYT, WP e molti altri. Il Wall Street Journal of India fa un ampio pezzo:
“L'India ribolle di rabbia per la decisione italiana, … sale l'ira”. E gli
attacchi mediatici sono pure indirizzati contro le autorità indiane, colpevoli
di avere lasciato partire in licenza i marò. Zeenews scrive che il caso è fonte
di grande imbarazzo per la coalizione al governo, Ibn-Live si chiede se “l'India
lascerà che gli italiani la passino liscia dopo un omicidio?”. L’edizione europea del WSJ è più oggettiva:
“L’Italia ricusa l’India su marines”.
Per la Farnesina, New Delhi ha violato "gli
obblighi di diritto internazionale", perché non accetta che i due militari
italiani siano processati in patria. "I due marò devono essere processati
in India, secondo le leggi indiane", è invece il ritornello indiano,
almeno a livello mediatico. I magistrati della Procura di Roma attendono di procedere
nei confronti dei due militari. E l’Unione europea, che era stata al fianco
dell’Italia in tutta la vicenda, si limita a prender atto della decisione
italiana, senza esprimere condivisione.
A livello di governo, il premier Singh definisce la situazione
“inaccettabile” e chiede al ministro degli Esteri di sollevare la questione con
Roma. E, infatti, l'ambasciatore d'Italia a New Delhi, Daniele Mancini, viene convocato
al ministero per fornire spiegazioni “al massimo livello” – ma senza vedere il
ministro Khurshdie-. L'opposizione di centrodestra denuncia l’inganno italiano
contro la Corte Suprema: “Pensano che siamo una repubblica delle banane”. E lo
stato del Kerala ribadisce la richiesta di processare Latorre e Girone.
Protestano anche i pescatori colleghi ed amici delle due vittime; la moglie di
uno dei due giovani uccisi denuncia la mancanza di giustizia.
Lo strappo di
ieri sui marò è stato l’ennesimo colpo di scena di una vicenda difficile e
complicata, che l’Italia aveva finora gestito con equilibrio e correttezza, rivendicando
la competenza giuridica per un episodio che aveva coinvolto "organi dello
Stato operanti nel contrasto alla pirateria sotto bandiera italiana e in acque internazionali".
Fino al 30 maggio, Girone e Latorre erano rimasti sotto custodia; poi avevano
ottenuto di uscire su cauzione, godendo man mano di maggiore libertà.
Il 20 dicembre,
mentre il tribunale di Kollam continuava a rinviare l'avvio del processo, e
mentre s’attendeva il verdetto della Corte Suprema di New Delhi sulla
giurisdizione del caso, i due marò ottenevano, su cauzione e con dichiarazione
giurata, una prima licenza di due settimane per passare il Natale a casa.
Rientravano in India il 4 gennaio. Il 18, la Corte Suprema
disponeva la creazione d’un tribunale speciale a New Delhi per vagliare la
questione della giurisdizione. Il 22 febbraio, la seconda licenza, che l’Italia
trasforma in un ‘libera tutti’.
Altrove, in
Afghanistan, cinque membri delle forze Isaf sotto il controllo Nato,
di cui non
si conosce la nazionalità, sono morti in seguito a un incidente di elicottero la
cui causa resta da accertare. Secondo i primi dati ottenuti, “non c'era attività nemica nella zona al
momento dell'incidente”: il disastro, avvenuto nella provincia meridionale di
Kandahar, una delle più insicure, potrebbe essere stato causato dal maltempo
Nelle Falklands, gli abitanti dell'arcipelago dell’Atlantico
del Sud che l'Argentina rivendica come Malvinas, hanno scelto con un referendum
a schiacciante maggioranza (il 98,8%) il mantenimento del controllo britannico
sul loro territorio. L'Argentina ha già fatto sapere di ritenere lo scrutinio
nullo, come non avvenuto. Nel 1982, la sovranità sulle isole, che l’Argentina
occupò, fu la causa d’un conflitto che portò alla caduta
della dittatura a Buenos Aires.
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