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venerdì 22 marzo 2013

Ue: Cipro, il petardo diventa un terremoto, "rischio sistemico"

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/03/2013. Altra versione su l'Indro il 21/03/2013

Pareva lo scoppio di un petardo. Rischia di rivelarsi un terremoto. La crisi di Cipro pone un rischio sistemico per tutta l’l’Eurozona: a meno di una settimana dall’annuncio del ‘piano di salvataggio’, poi bocciato dal Parlamento cipriota, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, smette di fare il pompiere e ammette che il tonfo dell’isola potrebbe contagiare tutti i 17 Paesi dell’euro. E ci sono pure in gioco i rapporti dell’Ue con la Russia: Putin e Medvedev giocano pesante, usano come arma riserve finanziarie e forniture energetiche.

La Commissione europea riconosce che la situazione è “seria”. La Bce aggiunge un suo tassello al drammatico puzzle: assicura a Cipro, dove le banche restano chiuse –lo saranno almeno fino a martedì prossimo, dieci giorni filati- liquidità d’emergenza, ma solo fino a lunedì. E Standard & Poor's taglia quel che resta del rating di Cipro da 'ccc +' a 'ccc', con outlook negativo.

In serata, l’Eurogruppo torna a riunirsi, telefonicamente per fare il punto della situazione e valutare le alternative che la troika discute con le autorità cipriote. Ma una decisione non pare matura: già si parla d’una riunione d’emergenza dei ministri delle finanze dei 17, domenica o lunedì. Come vuole la pessima tradizione dell’Unione europea, si definirà tutto in extremis, con l’acqua alla gola.

La richiesta al governo di Nicosia è d’interventi immediati: Ue e Fmi ci mettono 10 miliardi di euro, i ciprioti devono trovarne 5,8 –in tutto, la manovra vale il pil dell’isola-. Nei contatti con la troika, costituita da Commissione europea, Bce e Fmi, si fa strada l’ipotesi di un fondo di solidarietà, dando in pegno beni dello Stato a garanzia del prestito internazionale. In serata, la Banca nazionale, già protagonista di mosse a sorpresa ed erratiche, annuncia “un processo risolutivo”, capace d’evitare la bancarotta del sistema creditizio e di garantire i depositi fino a 100 mila euro.
Cipro negozia pure con l’altro suo ‘padrino’, la Russia, molto critica con l’Ue, che accusa di volere ‘spennare’ i suoi cittadini –i depositi bancari più pingui sull’isola sono proprio russi-. E Mosca minaccia di rivedere al ribasso le quote in euro delle sue riserve, stimate a circa 200 miliardi: l’atto comprometterebbe ulteriormente la tenuta della moneta europea sui mercati internazionali.
Intanto, i tempi si allungano. Il ‘piano B’, che s’era ipotizzato potesse essere presentato ieri, deve ancora essere definito, mentre Nicosia è teatro di manifestazioni e di tafferugli, con protagonisti i dipendenti delle banche minacciate di fusione o di chiusura. E, spesso, le voci sul ‘piano B’ sono contraddittori: la scorsa notte, pareva certa una nuova versione del prelievo forzoso; ora, pare si discuta una nazionalizzazione dei fondi pensione delle compagnie semi-pubbliche, o la creazione d’una ‘bad bank’ che incameri le passività delle banche da salvare, o ancora l’emissione di debito straordinario garantito coi futuri proventi delle risorse energetiche da poco scoperte –la Russia ci tiene gli occhi addosso-.
A parole, i governi dei Grandi dell’euro sono consapevoli della criticità del momento: la Germania giudica un dovere dell’Eurozona trovare una soluzione, la Francia ammette che il piano annunciato sabato scorso è stato un errore; il presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, vuole fare pagare il conto ai ricchi, cioè –in questo caso- agli affaristi russi. Ma la linea resta quella che l’Austria sintetizza così: senza un piano alternativo, ma sostanzialmente equivalente, ai prelievi sui depositi, niente aiuti europei.
Fortuna che  mercati restano relativamente calmi. Le borse europee chiudono negative, ma senza crolli. Lo spread si mantiene su quota 320. Gli operatori non credono che Cipro mandi a picco l’euro; o, meglio, che l’Eurozona si lasci affossare da Cipro. E l’agenzia di rating Fitch, per ora, è rassicurante: la crisi non ha ”implicazioni immediate sui rating sovrani di altri Paesi dell'Eurozona".

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