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mercoledì 20 marzo 2013

Ue: Cipro; le brioches della Regina, il pane nero di Angela

Scritto per il blog de Il Fatto il 20/03/2013

“Che mangino brioches!”, si racconta abbia detto del popolo che, nel 1789, faceva la rivoluzione la regina Maria Antonietta, mostrando una mancanza di sensibilità che la storia, di lì a poco, avrebbe severamente punito. “Che mangino pane nero”, dice ora –figurativamente- la cancelliera Angela Merkel a quei popoli dell’Ue e dell’euro che hanno magari vissuto al di sopra dei propri mezzi, ma che ora tirano la cinghia e faticano assai a sbarcare il lunario.

Certo, nessuno si augura che la storia punisca la mancanza di sensibilità di Angela con la severità che mostrò per Maria Antonietta –altri tempi!, per fortuna-. Ma la cancelliera dovrebbe smetterla d’azionare mannaie finanziarie ed economiche: dal Terrore di Robespierre al Rigore della Merkel, mica vogliamo ritrovarci, 65 anni dopo ‘Germania anno zero’ –vadano a rivedersi il film di Roberto Rossellini, quelli che blaterano contro il progetto dell’Unione-, a un’ ‘Europa anno zero’, allora la guerra, adesso la crisi.

Il no di Cipro -della gente prima che del Parlamento- al diktat dell’Eurogruppo, che qualche economista paragona a una rapina, più alla sceriffo di Nottingham che alla Robin Hood, non è solo simbolico. Può accadere che un popolo, per uscire dalle peste in cui s’è cacciato, debba sottoporsi ad un prelievo forzoso sui propri conti –gli italiani lo fecero nel 1992, e non di buon grado-, ma deve essere quel popolo, magari tramite i suoi rappresentanti democraticamente eletti, a deciderlo.

L’Eurogruppo e la trojka delle istituzioni finanziarie internazionali –Commissione europea, Bce ed Fmi- hanno il diritto –e, forse, pure il dovere- di subordinare gli aiuti a un Paese dell’Eurozona (in questo caso, dieci miliardi di euro) a un corrispettivo di sacrifici da parte del Paese (in questo caso, 5,8 miliardi di euro)… Ma lasciamo decidere ai ciprioti se accettare, o meno, il patto e, soprattutto –una volta accettatolo- dove e come fare i sacrifici.

Non che i ciprioti siano senza colpa, come non lo sono i greci, gli italiani, gli irlandesi, gli iberici tutti e quant’altri per le loro disavventure: sull’isola, in particolare, un sistema finanziario ipertrofico, un regime quasi da paradiso fiscale, occhi chiusi su traffici illeciti e su riciclaggio di denaro proveniente da loschi affari. Tutto vero. E il fatto che li protegga Putin non ne migliora l’immagine.

Però, il diktat dell’alba di sabato è francamente inaccettabile: “Fate così. Altrimenti, fatti vostri”. Che, poi, non è neppure vero: fatti pure nostri, italiani ed europei, se Cipro va a fondo. Quel sasso di Davide nell’occhio di Golia –il no del Parlamento di Nicosia al piano dell’Eurogruppo- non ha abbattuto il gigante, ma lo fa vacillare. Bruxelles s’aspetta un’alternativa da Cipro; Parigi dice che il prelievo era sbagliato – ma loro dove stavano, al momento della decisione? -: Berlino dice che è “un dovere” trovare una soluzione. Sì,  ma insieme ai ciprioti; e non contro.

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