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venerdì 22 marzo 2013

Punto: marò, due dietrofont e l'Italia va a gambe all'aria

Scritto per l'Indro il 22/03/2013

Due dietrofront consecutivi. Su una mattonella scivolosa. E l’Italia va a gambe all’aria: affidabilità, prestigio, credibilità, tutti valori che escono ammaccati da questa vicenda. Però, il ministro degli esteri Giulio Terzi, un diplomatico di carriera, ambasciatore del suo, e quello della difesa Giampaolo Di Paola, un militare, ammiraglio del suo, si comportano, loro che sono tecnici, da politici di razza (italiana): a dimettersi non ci pensano proprio, forse perché sono già dimissionari da mesi e in carica solo per gli affari correnti. Ma, allora, per favore, si astengano dai colpi di genio!

Terzi e Di Paola avevano deciso che i due marò accusati di avere ucciso, mentre svolgevano una missione anti-pirateria su una nave italiana in acque internazionali, due pescatori indiani, avendoli scambiati per pirati, sarebbero rimasti in Italia, tradendo così l’impegno assunto di rimandarli indietro dopo la licenza elettorale di un mese loro concessa dalle autorità indiano. Ieri, il governo italiano ci ha ripensato e ha rispedito indietro i militari, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, proprio sul limitare della licenza.

Un doppio voltafaccia. La prima volta, tradendo la parola data alle autorità indiane. E, ora, tradendo le assicurazioni date ai due marò e alle loro famiglie. Il premier Monti che stavolta s’espone, Terzi, Di Paola, tutti diventano lo zimbello della rete: chi, come me, era stato critico sul ‘ce li teniamo’, non capisce che cosa sia mai cambiato, se quella decisione era fondata sul diritto internazionale; e chi aveva plaudito al ‘ce li teniamo’, è ora critico. Secondo alcune ricostruzioni mediatiche non confermate, il secondo dietrofont è stato imposto da Palazzo Chigi, che però difende Terzi, con l’avallo del Quirinale.

Bene. Uno può pensare che i commenti italiani siano sempre viziati da partigianeria e approssimazione. Allora vediamo che cosa pensa di questa storia la stampa estera. Prendiamo la Bbc, che pure chi non l’ha mai sentita giudica autorevole per antonomasia: in un commento, Soutik Biswas s’interroga se sia stata una vittoria indiana: “Più che trionfo per gli indiani –si risponde-, è un triste caso di inettitudine della diplomazia italiana”, che cerca di salvarsi la faccia raccontando di avere ottenuto assicurazioni che i due marò non rischiano la pena di morte (del resto, eccezionalissima in India).

Sui giornali anglosassoni, la notizia campeggia. Per The Times, il governo indiano considera la retromarcia italiana un successo diplomatico. Per il Financial Times, “l’inversione a U di Roma attenua le tensioni con New Delhi”. Il Wall Street Journal scrive che “l’Italia cede alle pressioni dell’India”. La stampa indiana non alza il gran pavese: parla, però, di successo; ipotizza una fase di distensione fra Roma e New Delhi, si chiede se Sonia Gandhi, ex premier indiana, d’origine piemontese, abbia in qualche modo influenzato la decisione italiana.

Preceduti, accompagnati e seguiti dalle polemiche, e scortati dal sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura, il loro ‘angelo custode’ diplomatico, Girone e Latorre sono intanto giunti a New Delhi con un aereo militare, esibendo disciplina e rispetto degli ordini: “Siamo soldati, andiamo avanti”, hanno detto, mentre le loro famiglie, in Puglia, manifestavano sconcerto e rabbia. Martedì, il governo italiano farà un’informativa alla Camera sollecitata dalle forze politiche: e il ministro della Giustizia Paola Severino s’impegna a garantire un “giusto processo” (ma fino a ieri non dicevamo che i marò dovevano essere giudicati in Italia?). In India, invece, tutti contenti: il governo incassa il ritorno dei due; l’opposizione è soddisfatta; colleghi e familiari dei pescatori uccisi fanno festa.

Gli echi della polemica arrivano alla Commissione europea, che, come aveva “preso atto” della prima retromarcia, prende pure “atto” della seconda, di cui –precisa- “non conosce i dettagli” perché, evidentemente, nessuno glieli ha spiegati. “Speriamo –dice un portavoce- che la questione sia presto risolta nella sostanza”. Ma, se anche la corte speciale istituita dalla Corte Suprema indiana dovesse metterci un po’ a decidere sulla giurisdizione, non c’è mica da preoccuparsi: Girone e Latorre vivono in ambasciata e –fa sapere De Mistura- possono anche andare al ristorante, se vogliono. Senza tutto questo puntare i piedi e calare le braghe, mica avrebbero avuto una vita così facile, in India: ne valeva la pena, perderci due volte la faccia.

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