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mercoledì 20 marzo 2013

Punto: Obama in Israele, abbraccia Peres, dà la mano a Netanyahu

Scritto per l'Indro il 20/03/2013

Il linguaggio del corpo è sempre più sincero, perché istintivo, delle parole. Ed al suo arrivo all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, per la sua prima visita in Israele da quando è presidente, Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, ha abbracciato il presidente israeliano Shimon Peres ed ha solo stretto la mano al premier Benjamin Netanyahu. Una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che tra Obama e Netanyahu –mettetela come volete- “non passa la corrente”, “non c’è feeling”, “manca la sintonia”.

Le parole, però, quelle finora pronunciate e quelle che lo saranno di qui a venerdì, sottolineano l’amicizia, anzi l’alleanza tra Stati Uniti e Israele, addirittura “eterna”, quasi con una sorta d’evocazione biblica. Se no, perché venire fin qui?, dopo non averlo fatto per tutto un mandato. “Siamo fieri di essere i vostri migliori alleati –ha esordito Obama all'aeroporto-. E nostro interesse essere al fianco di Israele”. E dopo avere espresso la sua fiducia nell'alleanza –appunto- “eterna”, il capo della Casa Bianca ha rivolto agli astanti un saluto in ebraico accolto dagli applausi e ha fatto un appello per la pace nella Terra Santa di tutte le religioni monoteiste. Peres gli ha risposto senza screzi e sul medesimo tono: “Abbiamo la stessa visione”.

Intanto, a Gaza andava in scena la protesta dei palestinesi contro “il sostegno unilaterale” degli Usa a Israele. Domani, Obama sarà a Ramallah, per vedere il presidente palestinese Abu Mazen; e venerdì andrà in Giordania, per colloqui con il re Abdallah. L’itinerario del presidente statunitense non prevede tappe calde, in una Regione dove la situazione resta incandescente in Siria; dove l’anniversario –il decimo- dell’attacco all’Iraq è segnato da cruenti attentati; dove il deterioramento delle Primavere arabe suscita apprensione sulla stabilità dell’Egitto e dei Paesi del Nord Africa; e dove il terrorismo integralista che s’è creato basi nel Sahara e a sud del deserto, è capace di colpire e uccidere nel Mali, nonostante l’intervento militare francese –oggi, s’è appreso dell’uccisione d’un ostaggio-.

Non che Israele non abbia fatto qualche gesto per migliorare il clima dei rapporti con gli Stati Uniti, alla vigilia della visita di Obama. Ieri, l'esercito israeliano aveva smantellato sei strutture in due insediamenti illegali in Cisgiordania. E i coloni criticano Netanyahu, che ha appena perfezionato un’intesa di governo dopo le elezioni di gennaio, per avere “cercato d’ingraziarsi in tal modo” l’ospite americano.

Insomma, a parte il freddo con Netanyahu e l’inconveniente singolare dell’auto presidenziale rimasta in panne, la visita, che era stata preparata da una missione il mese scorso del neo-segretario di Stato John Kerry,  parte bene. Nei colloqui, i temi di maggiore confronto saranno i principali dossier mediorientali: dalla crisi siriana al nucleare iraniano; e ancora la transizione egiziana, la lotta al terrorismo internazionale e, infine, il rilancio della questione israelo-palestinese. Tuttavia, Obama non intende presentare nell'occasione né un piano di pace, né una ‘tabella di marcia’ per il ritiro dei coloni dalla Cisgiordania, come invece avevano riferito alcuni quotidiani israeliani ... a seguire estratti di una nota Ispi ...

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