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lunedì 25 febbraio 2013

SPIGOLI: Italia 2013, un no all’austerità e l’incubo dell’ingovernabilità

Scritto per il blog de Il Fatto il 25/02/2013. Servizi analoghi su Il Fatto Quotidiano del 26/02/2013 ed EurActiv del 25/02/2013.

Lo scenario peggiore: un verdetto confuso, un Parlamento senza maggioranza al Senato. E, così, media esteri e interlocutori internazionali vedono concretizzarsi quello che era il loro incubo: un’Italia ingovernabile. Per i media, sui siti, è un’inevitabile altalena di titoli contrastanti: dopo l’iniziale ‘sbandata a sinistra’ ispirata dai primi exit-polls, l’indeterminatezza di proiezioni e risultati suggeriscono correzioni di rotta con titoli di cronaca neutri e poco sbilanciati, puntando sulla confusione e l’incertezza. Il WSJ snobba per un po’ i dati, poi ne dà una sintesi efficace: “E’ chiaro che gli italiani respingono l’austerità”. E l’FT è sulla stessa linea: “L’instabilità incombe, mentre l’Italia boccia il rigore”.

Le Istituzioni europee e internazionali, l’Ue, la Bce, l’Fmi, prima si sono fregate le mani. E, poi, se le sono messe fra i capelli. E le bocche sono rimaste chiuse, nell'attesa di dati in qualche misura credibili e, magari, nella speranza che ulteriori ‘errata corrige’ modifichino il quadro d’insieme, dopo il ribaltone tra proiezioni raggelanti, in un’ottica europea, ed ‘exit polls’ incoraggianti.

Discorso analogo per i maggiori partner dell’Italia, dagli Stati Uniti ai Grandi dell’Unione. I leader hanno perso tutti: chi puntava su Monti, come la Merkel e i guru del Ppe; e pure chi puntava sul mix tra Monti e Bersani, come Hollande e, di là dall’Atlantico, Obama. Dal Potomac al Tevere, e pure dal Manzanarre al Reno, tutti giovano contro il ritorno di Berlusconi e il successo di Grillo.

Eppure, tutti avevano compreso che il voto italiano era diventato un referendum sull’austerità. E tutti sapevano che, in Occidente, tutti i governi dei maggiori Paesi, dal 2009 in poi, hanno perso questo referendum nel loro Paese –in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna-, con l’unica eccezione della rielezione del presidente Obama negli Stati Uniti.

Guardian, El Pais e molti altri media internazionali hanno seguito, in presa diretta, sull’ home page lo spoglio italiano. Der Spiegel e la Bildt cambiavano i titoli in tempo reale: partono sbilanciati, “Il vento tira verso il centro-sinistra”, o “Niente Berlusconi!”; e poi vanno in altalena, come fa tutta la stampa non solo estera (“Berlusconi è in vantaggio al Senato”, “L'Italia rischia il blocco” e via correggendo il tiro).

I risultati ancora ballerini delle elezioni politiche mettono alla prova gli analisti italiani, figuriamoci quelli stranieri. Ed i mercati rispecchiano l’incertezza: borse su e spread giù, subito; ed esattamente il contrario, immediatamente dopo. Con un tocco di paradossale: lo spread che aveva festeggiato l’arrivo di Monti ne festeggia, a caldo, la bocciatura, quando crede di barattarla con una governabilità  di senso diverso.

Ma alcune tendenze vengono lette con una certa chiarezza: c’è un voto fortemente populista ed anti-europeo, perché una maggioranza degli elettori ha votato forze critiche od ostili rispetto alle politiche dell’Unione; e sono risultati che, tra exploit di Grillo e tenuta di Berlusconi, promettono incertezza e instabilità, proprio quello che l’Ue e i mercati paventavano di più.
E pensare che la Bild, questa mattina rivolgeva una preghiera all'elettorato: "Caro italiano, ti prego risparmiaci il Berlusconi del Bunga Bunga", mentre Welt, con un velo di sufficienza, affermava: “Gli italiani non hanno voglia di votare coi piedi bagnati”, spiegando il calo dell'affluenza alle urne dovuto al maltempo. El Pais, più mediterraneamente comprensivo, scriveva: “Freddo e disillusione penalizzano la partecipazione”.

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