Scritto per EurActiv il 23/04/2014
L’Unione europea non è (proprio) “chiusa per ferie”. Ma, di
fatto, è un po’ come se lo fosse. Consumatasi, prima di Pasqua, l’ultima
sessione plenaria della VII legislatura del Parlamento eletto a suffragio
universale; messisi in congedo elettorale sette commissari dell’Esecutivo
Barroso II – uno su quattro –, che hanno scelto di candidarsi e di puntare su
Strasburgo; fatta la Pasqua ,
in attesa del Primo Maggio e poi dell’8 Maggio, che, nel cuore del Continente,
vale il nostro 25 aprile, e poi del 9 Maggio, che è la Festa dell’Europa; le
attività comunitarie hanno messo la sordina. E non danno segno di volerla
levare.
Certo, l’Unione ha sempre subito la tregua di Pasqua e
l’addensarsi di festività a inizio maggio. E nessuna presidenza di turno del Consiglio dell’Ue convoca volentieri
riunioni dei ministri ad aprile –e neppure a giugno-, perché i riti dell’Ue
prevedono che, in quei mesi, ci s’incontri a Lussemburgo (ed è scomodo per
tutti).
Ma quest’anno è un po’ diverso: la pausa è più marcata e,
soprattutto, si protrarrà per tutto il mese di maggio, cioè almeno fino alle
elezioni del 22 e 25 maggio – in alcuni dei 28, non si vota domenica -. E,
dopo, non sarà molto diverso, perché, se i neo-eletti euro-deputati avranno
magari voglia di darsi da fare, la Commissione sarà a fine corsa –il suo mandato
s’esaurisce in autunno- e non sfornerà praticamente più proposte. E i leader
dei 28 saranno assorbiti dal rinnovo dei Vertici dell’Ue: il presidente della
Commissione, che deve poi ottenere l’investitura del Parlamento, oltre che i singoli
commissari; il presidente del Consiglio europeo; l’alto rappresentante per le
politiche estera e di sicurezza comuni.
Insomma, a produrre carte e notizie resteranno le DG della
Commissione dotate d’una autonomia gestionale e decisionale –la concorrenza,
l’agricoltura, l’economico-finanziaria, oltre che, fronte statistiche,
Eurostat- e le istituzioni ‘satelliti’ dell’Unione, il Tribunale e la Corte di Giustizia a
Lussemburgo, la Banca
centrale europea a Francoforte, meno toccate dalla paralisi istituzionale.
A meno che una crisi, che nessuno auspica, economica – no,
basta!, abbiamo già dato e, in Italia, non ne siamo ancora fuori - o
internazionale – l’Ucraina?, speriamo di no, ché ci sarebbe clangore di armi -
non risvegli di colpo la
Bella Addormentata nel bosco di rovi dell’eurocrazia: non col
bacio di un principe, ma con una telefonata a Bruxelles di Draghi (o di Putin).
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