Parlamento europeo, sessione plenaria di fine
legislatura, giovedì 3 aprile: volti stanchi e menti altrove, chi a casuccia
sua dove sta per tornare, chi alla campagna per il voto di maggio. L’ordine del
giorno, non molto stimolante, a dire il vero, prevede la votazione sugli
emendamenti a un regolamento per ridurre le commissioni interbancarie sulle
carte di credito e di debito: il tema è estremamente tecnico e, per di più, il
parere è poco incisivo, perché l’esame del regolamento passerà, comunque, al
prossimo Paramento. Però, l’argomento interessa centinaia di milioni di
consumatori europei e pure banche, imprese, artigiani, esercenti, commercianti.
Il Parlamento uscente vuole dire la sua, testimoniare
il lavoro fatto nella commissione affari economici e monetari. Uno specifico
emendamento equipara le cosiddette "commercial cards" a quelle per i
consumatori ai fini della riduzione delle commissioni interbancarie. Difficile
che passi in plenaria, perché il gruppo del Ppe, il più numeroso, è contrario.
E, invece, a sorpresa, l’emendamento viene
approvato, con il sì massiccio dei deputati popolari, italiani di varie sigle
inclusi. Che cos’è successo?, una crisi di coscienza?, un ammutinamento nel Ppe
pro consumatori?
Nulla di tutto questo: un errore nella guida
al voto che indica ai deputati del gruppo come esprimersi. E loro come un
branco di lemming della Disney tutti giù nel burrone: tutti a votare a favore
di una cosa cui dovevano risultare contrari. Ovviamente, senza saperlo: né per
cosa votavano, né come la pensavano, né perché la pensavano in un modo invece
che nell’altro.
Ora, non bisogna generalizzare: ci sarà pure
stato qualcuno che ha votato informato e in coscienza. E, poi, diciamocelo con
franchezza, l’errore ci stava: se un emendamento propone di abbassare le commissioni
interbancarie e suona palesemente favorevole ai cittadini, ti viene naturale
votare sì. E se ti dicessero di votare no, potresti faticare a capire il
perché.
Ma due cose restano. Una, è l’esito del voto,
che non cambia ed è agli atti, anche se il nuovo Parlamento riprenderà tutta la
materia e potrà rimescolare le carte in tavola.
L’altra è la sensazione di centinaia di deputati che votano senza sapere
che cosa e perché, obbedendo al pollice su o giù del loro capogruppo. Succede
anche nei parlamenti nazionali, non c’è dubbio; e, magari, a Strasburgo, era
già successo altre volte ad altri gruppi. Ma né l’una né l’altra considerazione
ci consolano. Anzi, a ben pensarci l’una e l’altra ci deprimono ancora di più.
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