Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 04/06/2016
La piena della Senna manda sott'acqua anche la
conferenza di Parigi sul Medio Oriente: un flop largamente annunciato perché
non c’è, in questa fase, né il clima né la volontà per fare progressi verso la
pace tra israeliani e palestinesi, anche se tutti percepiscono che lo stallo
può favorire jihadisti e terroristi.
Aprendo i lavori, il presidente francese Francois
Hollande, che cerca legittimazioni internazionali, mentre in patria incassa
contestazioni, ha invitato Israele e la Palestina a fare "la scelta
coraggiosa della pace".
Parole nobili, ma vuote: era già chiaro dopo il
pollice verso mostrato giovedì dal governo israeliano, la formazione più
conservatrice che abbia mai guidato il Paese: la Conferenza di Parigi – è la
linea dell’esecutivo di Benjamin Netanyahu - ''allontana la pace'' ed è anzi “un’occasione
perduta. Invece d’insistere con il presidente palestinese Abu Mazen perché
riprenda trattative dirette – dice una nota del Ministero degli Esteri
israeliano -, la comunità internazionale gli permette di continuare a sfuggire.
Nella Storia, questa conferenza sarà ricordata per aver contribuito a
irrigidire le posizioni palestinesi''. O, più probabilmente, non sarà ricordata
per nulla.
La conferenza, dove c’erano il segretario di Stato Usa
John Kerry e il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, l’Onu e l’Ue, doveva
servire, nelle intenzioni della Francia, a rilanciare l'iniziativa di pace in Medio
Oriente. I protagonisti, però, se la sono cantata e suonata fra di loro,
ripetendo concetti su cui c’è un accordo di massima da anni, ma non si fanno
progressi.
Gli unici vincitori dello statu quo nel conflitto in
Medio Oriente saranno "gli estremisti di ogni parte e i terroristi",
ha ammonito Hollande, indicando l’obiettivo di “confermare insieme che la pace
passerà da due Stati, Israele e uno Stato palestinese, che vivano fianco a
fianco nella sicurezza”. E lo stesso hanno detto l’Europa, con l’Alto
Rappresentante Federica Mogherini, e l’America, l’Italia e ciascuno degli Stati
presenti.
Per Gentiloni, la soluzione dei due Stati è
"l'unica che può consentire a Israeliani e palestinesi di vivere in pace e
nel riconoscimento reciproco": si "rischia che la questione
israelo-palestinese diventi secondaria" e che "nel vuoto crescano posizioni di
radicalizzazione e di terrorismo … L’Isis, che sta subendo sconfitte serie in Iraq
e nella stessa Libia, potrebbe cercare un rilancio proprio dalla mancata messa
all'ordine del giorno della questione israelo-palestinese".
Il documento conclusivo afferma che l'attuale status
quo in Medio Oriente "non è sostenibile" e che "una soluzione negoziata
a due Stati è l'unico modo per conseguire una pace duratura". C’è allarme
"per le azioni sul terreno, in particolare per i continui atti di violenza
palestinesi e il proseguimento degli insediamenti" dei coloni israeliani:
elementi che "mettono seriamente a rischio le prospettive di una soluzione
a due Stati".
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