Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 26/06/2016
Neppure
lui, guru per antonomasia delle campagne elettorali negli Stati Uniti, ha una
risposta certa alla domanda da un miliardo di dollari di Usa 2016: “Perché Donald
Trump esercita un richiamo sugli elettori americani?”. Il fenomeno Trump pone
interrogativi irrisolti anche a Peter Hart, uno degli analisti più apprezzati dell’opinione
pubblica negli Usa, che segue le campagne presidenziali da oltre mezzo secolo e
svolge pure ruoli di consigliere politico.
Di
passaggio a Roma, Hart, 82 anni, ha distillato la sua visione a un gruppo di
giornalisti ristretto, su quella che lui stesso giudica “la corsa più inusuale
e la meno pronosticabile dal 1968” – l’anno che la campagna fu tragicamente
segnata dagli assassinii di Martin Luther King e Robert Kennedy, candidato alla
nomination democratica -.
Uno schema
classico è che le elezioni presidenziali si collocano sotto il segno o della
continuità o del cambiamento: il 2016 dovrebbe logicamente essere nel segno del
cambiamento. Ma il quadro non è chiaro ed è complicato dal fatto che i due
candidati hanno percezioni negative mai così alte: al 60% degli elettori non
piacciono né l’uno né l’altro.
Di Trump,
Hart osserva che ha difficoltà con l’establishment repubblicano, ma riesce a
esercitare “un forte richiamo” sulla classe lavoratrice. Lui, però, si rende
ostili intere porzioni dell’elettorato, millennials, neri, ispanici, donne, e
ha pure contro un quarto dei tradizionali elettori repubblicani.
“E’ un
candidato caotico, risponde sul tamburo e non ha background, salta nel fango
ogni giorno e ha un rapporto difficile con la libera stampa, come dimostra la
messa al bando dalla sua campagna del Washington Post … La Brexit e Trump sono
parte dello stesso schema”, almeno nei confronti dell’immigrazione: “Se non è proprio
xenofobia, è come minimo difficoltà a posizionarsi rispetto a una società
multietnica”.
E Bernie
Sanders? “Sanders sta ai Clinton come Trump sta ai repubblicani: il suo punto
forte è che ‘i ricchi stanno meglio e i poveri stanno peggio’, in una società
asimmetrica. Ma i sostenitori di Sanders voteranno Hillary in larga maggioranza:
al 90% odiano Trump”. Indicazioni che i sondaggi più recenti confermano.
Resta,
appunto, Hillary Clinton. Uno dei suoi problemi è che “Trump ha un messaggio, ‘Make
American great again’, dove l’accento è sull’again, mentre lei non ha un messaggio
e lo sta ancora cercando … Il fatto di essere donna le gioca a favore, la
votano vedendola come moglie, sorella, figlia … Ma lei è lontana dalla gente,
mentre Trump sa essere vicino alle persone”.
Barack Obama
è figura centrale di queste elezioni, “può esercitare un’influenza pro Hillary”.
Anche “l’instabilità internazionale gioca a favore di Hillary, perché, quando
le cose sono difficili, la gente tende ad affidarsi a esperti … Però, vicende come
quelle di Orlando possono favorire Trump …”.
Quanto ai
ticket, Hart pensa che Trump cercherà qualcuno che gli dia credibilità e la
Clinton qualcuno che la accrediti a sinistra - ma sarebbe sorpreso se fosse
Elizabeth Warren o lo stesso Sanders -. Il senatore del Vermont ha però “costretto”
l’ex fist lady “a muoversi a sinistra, mentre lei ha tendenza a muoversi al
centro”.
Le convention
saranno “affascinanti”: “Fra i democratici, ci sarà unità. Fra i repubblicani,
invece, non ci sarà e molto dipenderà dall'entità delle proteste a Cleveland”.
Infine, gli Stati decisivi: i soliti, Ohio, Florida, ma anche Colorado e New Mexico, e pure Virginia e North Carolina. “Trump – avverte Hart - può fare breccia in Ohio, Pennsylvania, Wisconsin”. (gp)
Infine, gli Stati decisivi: i soliti, Ohio, Florida, ma anche Colorado e New Mexico, e pure Virginia e North Carolina. “Trump – avverte Hart - può fare breccia in Ohio, Pennsylvania, Wisconsin”. (gp)
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