Per il Belgio, è finita con un trionfo – sportivo-. Ma
poteva essere una tragedia, l’ennesima in Europa del terrorismo integralista:
un blitz della polizia nella notte tra venerdì e sabato sventa un attentato che
avrebbe forse dovuto funestare il match europeo dei ‘diavoli rossi’ contro
l’Irlanda. Il bilancio è di una dozzina di arresti, decine di perquisizioni,
almeno 40, interrogatori e sequestri, a Bruxelles e altrove nel Paese: gli
agenti non avrebbero trovato né armi né esplosivi, il che getta un’ombra di
dubbio su tutta l’operazione. Come la decisione dei giudici di scarcerare a fine giornata nove dei 12 arrestati.
Il sussulto d’allarme in Belgio innalza ulteriormente la
tensione in Francia dove l’attenzione anti-terrorismo è già parossistica. A
Bordeaux, dove si disputa Belgio – Irlanda, un pacco fumogeno mobilita le forze
dell’ordine: falso allarme, solo fumogeni, ruba da hooligans, non da kamikaze.
La sera, a Bruxelles, c’è chi ha voglia di scherzare: due incubi sventati in 24
ore, l’attentato e l’eliminazione – i ‘diavoli rossi’ hanno vinto 3 a 0-.
La polizia belga è convinta di avere sgominato una cellula
jihadista e di avere evitato una o più azioni letali, che potevano prendere di
mira gli assembramenti di tifosi in occasione della partita. La procura di
Bruxelles, che ha coordinato tutta l’operazione, si limita a dire che le
perquisizioni sono state condotte in 16 comuni dell’area di Bruxelles (Molenbeek,
Schaerbeek, Forest e altri nomi già entrati nella geografia dell’integralismo)
e delle Fiandre e della Vallonia confinanti con la capitale, che le persone
identificate sono state decine e che sono stati pure controllati 152 garage.
Tutto è avvenuto “senza incidenti” e “l’inchiesta prosegue”: a scatenare il
blitz, sarebbe stata una telefonata intercettata, dove si parlava d’attacchi
“imminenti”.
Fonti di stampa belghe parlano di “attentati pianificati in
concomitanza col match” europeo. Per le autorità, la “minaccia” era “imminente”
e richiedeva “un intervento immediato”: l’operazione restituisce credibilità
agli inquirenti belgi, ridicolizzati, a novembre e a marzo, dagli errori
compiuti dopo le stragi di Parigi e al momento degli attentati a Bruxelles.
C’è l’ipotesi che il blitz sia stato reso possibile dalle
soffiate di qualcuno dei tristemente famosi ‘jihadisti di Molenbeek’ finiti in
carcere e lì divenuti ‘collaboratori di giustizia’. Ma non si possono neppure
escludere, da parte di personaggi ambigui come Salah Abdeslam, depistaggi o
vendette.
Certo, stupisce che il ‘piccolo’ Belgio, 11,2 milioni di
abitanti, il 6% musulmani, ma anche la più alta densità abitativa al Mondo,
fatte salve le città Stato, e la maggiore percentuale rispetto alla popolazione
musulmana di foreign fighters, si confermi una sorta di pozzo senza fondo di
cellule terroristiche.
Le autorità locali, che troppe volte si sono fatte prendere
con la guardia abbassata, non vogliono tralasciare nulla quanto a prevenzione:
pensano che la minaccia terroristica pesi su numerose personalità, tra cui il
premier Charles Michel, e lo hanno messo sotto scorta, insieme ai ministri
degli Esteri Didier Reynders, dell'Interno Jan Jambon e della Giustizia, Koen
Geens. Loro e le loro famiglie, in tutto una trentina di persone, erano in
luogo sicuro durante le irruzioni notturne nei presunti covi.
Secondo informazioni della Rtbf, la tv pubblica francofona
belga, alcuni individui arrestati circolavano ieri in auto nel centro di
Bruxelles, vicino a place Rogier, dov’è stato installato un maxi schermo per
seguire in diretta le partite degli Europei. La Rtbf precisa che non vi sono
certezze sull'intenzione dei sospetti di colpire la folla lì riunita per tifare,
ma definisce l’ipotesi “plausibile”. La polizia, indirettamente, conferma:
l’obiettivo non era lo stadio del match, ma una o più zone di raduno dei tifosi.
Tra gli arrestati poi rilasciati, v’è almeno uno dei complici dei
terroristi – non tutti erano kamikaze - che colpirono il 22 marzo l'aeroporto di
Zaventem e poi la metro di Bruxelles: è un uomo di 31 anni, Youssef E.A., di
nazionalità belga, che lavorava nello scalo ed aveva un badge che gli
consentiva l’accesso diretto alla pista e agli aerei. Youssef era anche amico
di infanzia di Khalid El Bakraoui, uno dei due che si fecero saltare in aria; e
conosceva Ali El Haddad Asufi, autore dell'attacco alla stazione della metro di
Maelbeek.
Youssef, ora accusato di strage terroristica, come autore,
coautore e complice, avrebbe pure soggiornato nell’appartamento di Etterbeek
dove furono fabbricate le bombe fatte esplodere a Maelbeek. Tutti dati che
confermano l’impressione che l’operazione belga abbia sgominato un’appendice, o
quello che rimaneva, della cellula jihadista di Abrini e dei fratelli El
Brakraoui.
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