Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 12/06/2016
Assegnate le nomination, sale di tono il tormentone
dei vice che faranno ticket con Hillary Clinton e Donald Trump: molti i nomi
già indicati, talora con esercizi di fantasia e/o di autopromozione. E,
intanto, sui due candidati, specie su Hillary, piovono endorsement politici
significativi: dopo quelli del presidente Obama, del suo vice Biden e della
senatrice Elizabeth Warren, l’ex first lady incassa quello del reverendo Jesse
Jackson, leader afroamericano dei diritti umani.
Parlando a Chicago, Jackson, aspirante alla nomination
nel 1984 e nel 1988 ha detto di avere fiducia che la Clinton tutelerà gli
interessi delle comunità ai margini, i rifugiati, gli immigranti, i poveri, e
ha auspicato che anche Bernie Sanders la sostenga.
Meno liscia la situazione fra i repubblicani, dove lo speaker
della Camera Paul Ryan ha ammesso d’avere alla fine dato l’endorsement a Trump solo
perché sollecitato da molti deputati nei cui collegi gli elettori repubblicani
sono convinti sostenitori del magnate. Lo scrive il WP, citando fonti anonime
presenti nello Utah a un consulto a porte chiuse fra circa 300 grandi donatori
e manager filo repubblicani, organizzato dal candidato 2012 alla Casa Bianca
Mitt Romney, ora fra i più ostili alla candidatura Trump.
Ryan è stato incalzato da interlocutori che gli
chiedevano come abbia potuto dare il suo sostegno allo showman, criticato per
il temperamento e per la campagna elettorale divisiva. Meg Whitman, presidente
di Hp, avrebbe definito Trump l'ultimo d’una serie di demagoghi, citando Hitler
e Mussolini.
Per convincere i recalcitranti, il magnate
dell’immobiliare ci va giù pesante: “Unitevi dietro di me, o il partito
repubblicano rischia di perdere Camera e Senato”, dove attualmente ha la
maggioranza, è il monito lanciato in un comizio a Tampa, in Florida. Trump si
dice fiducioso di potere conquistare la presidenza e avvisa che i seggi del partito
al Congresso potrebbero essere a rischio, se i repubblicani non si coagulano
intorno a lui. "Il partito repubblicano deve essere forte e intelligente,
altrimenti io vincerò, ma un sacco di altre persone no", avverte.
Un concetto che tocca deputati e senatori repubblicani
anche nel portafoglio, perché le campagne costano. E Trump ha già avuto modo di
dire, in un’intervista a The Hollywood Reporter, di avere speso per le sue
primarie 50 milioni di dollari del suo, mentre "altri hanno speso 230
milioni e sono arrivati ultimi" – un riferimento non chiaro, che potrebbe
riguardare Jeb Bush o Ted Cruz -.
Trump continua a insistere sul fatto d’avere “cominciato
a lavorare per la convention" repubblicana a Cleveland nella terza decade
di luglio, a sostenere di essere "alla pari se non in vantaggio rispetto
alla Clinton nei sondaggi" e a vantare il record di voti alle primarie nella
storia repubblicana da lui stabilito.
Il magnate si è già portato avanti anche con i compiti presidenziali: ad esempio, ha stilato una lista di 11 candidati, tutti profondamente conservatori, per sostituire il giudice Antonin Scalia, improvvisamente scomparso a marzo, alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La lista, resa inusualmente pubblica, comprende sei giudici federali e cinque giudici di Corti Supreme statali, tutti anti-abortisti e sostenitori della "libertà religiosa" che consente a individui ed aziende di dare, o meno, i propri servizi sulla base del loro credo. (fonti vv – gp)
Il magnate si è già portato avanti anche con i compiti presidenziali: ad esempio, ha stilato una lista di 11 candidati, tutti profondamente conservatori, per sostituire il giudice Antonin Scalia, improvvisamente scomparso a marzo, alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La lista, resa inusualmente pubblica, comprende sei giudici federali e cinque giudici di Corti Supreme statali, tutti anti-abortisti e sostenitori della "libertà religiosa" che consente a individui ed aziende di dare, o meno, i propri servizi sulla base del loro credo. (fonti vv – gp)
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