Scritto per Media Duemila online il 10/07/2013
Con internet e, poi, il 2.0, pareva cosa
fatta, o almeno a portata di clic: più trasparenza e, quindi, meno corruzione;
anzi, basta con la corruzione. Invece, una decina di anni dopo, tra il Datagate
e l’ultima indagine globale di Transparency International, eccoci qui a
commentare il rischio che la trasparenza funzioni a senso unico: i fatti nostri
sono effettivamente trasparenti a tutti, nel senso che tutti li possono sapere,
magari spiando, intercettando o ‘hackerando’; mentre la trasparenza virtuosa
resta, se non un miraggio, una oasi lontana.
E l’Italia non se la passa bene, né in
assoluto né al confronto con gli altri Paesi: se la Corte dei Conti stima a 60
miliardi il peso annuo della corruzione nostrana, la classifica di Transparency
ci colloca al 72.o posto sui 107 Paesi presi in esame. Siamo più vicini al
fondo della classifica, Afghanistan, Corea del Nord e Somalia, che alla vetta,
dove stanno i soliti noti, Australia e Nuova Zelanda, Danimarca e i Nordici,
Giappone.
Se c’è una prassi che accomuna democrazie
e dittature, questa è la tangente. Nel 2012, circa una persona su quattro
al Mondo avrebbe imposto, o subito, questo ‘mezzuccio’ per ottenere il dovuto,
o magari un favore. In Italia, il 5% degli intervistati dalla Doxa dichiara
di avere sborsato, nell'ultimo anno, almeno
una bustarella. Lo stesso risultato nel Regno Unito. E la mazzetta risulta
prassi per il 75% della popolazione in Liberia e in Sierra Leone, mentre lo è
solo per l’1% nei Paesi più virtuosi.
La corruzione nel settore pubblico può assumere le forme più
disparate e più fantasiose. E, spesso, corrotti e corruttori, esattori e
pagatori, si tengono bordone: il 64%, della popolazione mondiale, quasi i due
terzi, ritiene che i contatti personali siano utili per ottenere servizi e
‘servizietti’ nella pubblica amministrazione; e la percentuale sale all'80% in
Italia, Israele, Libano, Malawi, Russia e Ucraina.
Corruzione, bustarelle, mazzette sono
pratiche e termini universalmente diffusi. E le istituzioni ritenute più
corrotte sono, nell'ordine, su una scala da 1 a 5: i partiti politici (3,8), la
polizia (3,7), la pubblica amministrazione (3,6). L'Italia è fra i Paesi dove i
partiti politici sono considerati più corrotti.
Molto variabile, invece, la percezione dei
cittadini rispetto all’azione anti-corruzione dei governi. Solo il 5% dei norvegesi, ad esempio, ritiene che il
proprio esecutivo sia condizionato da pochi, ma forti interessi, mentre in Italia
e in Belgio lo pensa il 70% della popolazione locale e in Grecia l'83%.
Percentuali minori, ma sempre alte, in Francia (57%) e nel Regno Unito (60%). In
88 dei 107 Paesi in esame, le politiche del governo per contrastare la
corruzione nel settore pubblico sono ritenute inefficaci.
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