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lunedì 24 febbraio 2014

Italia/Ue: fondi, un tesoro trascurato da 80 miliardi

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 24/02/2014

Siamo sul fondo della classifica: stiamo provando a rimontare posizioni, ma restiamo in zona retrocessione. Fortuna che l’Ue è come l’Nba: una volta che ci sei dentro, ci resti, anche se le becchi da tutti. Dietro di noi, solo gli ultimi arrivati, Paesi come Bulgaria e Romania che sono nell’Unione dal 2007 appena. E, poi, ce la battiamo con i greci, gli ultimi cronici della classe europea.

La classifica è quella della capacità d’utilizzo dei fondi di coesione dell’Unione, soldi che devono contribuire allo sviluppo delle aree più arretrate o ad attenuare situazioni di disagio sociale. L’inefficienza dell’Italia non è una novità: già negli Anni Ottanta e Novanta, arrancavamo dietro Grecia, Portogallo e Spagna, altri grandi beneficiari dei fondi Ue regionale e sociale; poi, dopo l’allargamento a Est, le somme a noi destinate si sono ridotte, mentre non è migliorata la nostra capacità di usufruirne bene e tempestivamente.

A fine 2013, siamo riusciti con un forcing finale ad evitare la perdita di risorse: merito, soprattutto, di Fabrizio Barca, ministro della coesione nel Governo Monti e, poi, referente del suo successore Carlo Trigilia. Al 31 dicembre, tutti i 52 programmi operativi dei Fondi strutturali europei avevano così superato i target previsti da Bruxelles.

In totale, la spesa italiana aveva raggiunto il 52,7% delle risorse disponibili, a fronte di un obiettivo minimo del 48,5%. A fine 2012, la spesa era ferma al 37%. Lo indicano i dati aggiornati a fine 2013 e validati dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica e dal Ministero del Lavoro relativi alla spesa certificata, che misura lo stato d’attuazione della politica di coesione nell’insieme delle regioni italiane.

In primo luogo, capiamoci bene, prima di fregarci le mani per la soddisfazione: il dato significa che, al 31 dicembre, avevamo speso poco più della metà della somma messaci a disposizione nel periodo 2007/2013. Di quella somma, ci avanzano ancora ben oltre 10 miliardi di euro, cui vanno già aggiunti i 29 miliardi di euro previsti per il settennio 2014/2020: altro che ‘tesoretto’. A saperli usare bene e presto, lì c’è un’Isola del Tesoro, che il ministro degli Affari europei Enzo Moavero stimava, compreso il co-finanziamento nazionale, a circa 80 miliardi di euro in sette anni: di che innescare crescita e posti di lavoro.
Una forte accelerazione
A saperli spendere bene e presto, appunto. Nell’ultimo anno, c’è stata un’indubbia accelerazione, anche per lo spauracchio di perdere i fondi. Fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, sono state certificate alla Commissione europea spese pari a circa 6,8 miliardi di euro. Il cambio di passo italiano è evidenziato anche dai dati del bilancio comunitario, con pagamenti all'Italia per oltre 5 miliardi di euro nei primi 11 mesi del 2013: siamo addirittura secondi nella classifica dei maggiori utilizzatori delle risorse comunitarie lo scorso anno - tenete a freno gli entusiasmi: molti avevano ormai da spendere solo le briciole, perché avevano fatto prima i loro compiti -.
Alla fine, la spesa certificata per l’Italia nel suo complesso ha superato del 4,2% il target nazionale. Le Regioni più sviluppate (Obiettivo Competitività) raggiungono il 62,2% della spesa certificata, quelle meno sviluppate (Obiettivo Convergenza) arrivano al 48,3%.
"Il positivo risultato –sostiene il Ministero- è stato reso possibile dalle incisive iniziative d’accelerazione che hanno coinvolto amministrazioni centrali e regionali e dalla riprogrammazione con la azioni previste nel Piano di Azione e Coesione che, riducendo il cofinanziamento a carico delle risorse nazionali, ha permesso di massimizzare l'utilizzo delle risorse comunitarie a disposizione".
Soddisfatto il ministro Trigilia, secondo cui "lo sforzo di accelerazione della spesa per evitare la perdita di fondi riceverà un ulteriore forte impulso dai provvedimenti di riprogrammazione delle politiche di coesione prese nel 2013". Non bisogna abbassare la guardia: la scadenza ultima per certificare a Bruxelles l’utilizzo delle risorse 2007-2013 è il 31 dicembre 2015. In due anni, cioè, dobbiamo riuscire a spendere quanto siamo riusciti a fare negli ultimi sette. Quel che resterà inutilizzato, andrà perduto.
Diversità regionali
Le situazioni sono molto diverse da Regione a Regione. L’analisi dei dati mostra che l’Italia non può ancora dormire sonni tranquilli. In molte casi, infatti, gli obiettivi sono stati centrati per il rotto della cuffia: è accaduto nel Lazio, in Campania, in Sardegna, nel Molise e pure in Liguria. In altri, si viaggia ben oltre gli obiettivi minimi imposti da Bruxelles.
Per capire quanto siano state brave le singole Regioni nello spendere il denaro disponibile, basta confrontare gli obiettivi di spesa con il livello effettivamente raggiunto a fine 2013. Partiamo dall’obiettivo Convergenza, relativo alle aree meno sviluppate. In Basilicata, il target del Fesr (fondo europeo di sviluppo regionale) era di 439 milioni di euro e ne sono stati spesi 445, solo sei più del minimo. In Campania, il target del Fes (Fondo sociale europeo) era di 435 milioni e la spesa è stata di 439 milioni.
Non vanno molto meglio alcune Regioni dell’obiettivo Competitività, quelle più sviluppate. L’ha scampata per un pelo l’Abruzzo per il Fes, superando la soglia minima di appena mezzo milione d’euro. Il Lazio è andato oltre l’obiettivo minimo per 1,5 milioni nel Fesr e per poco meno di due nel Fes. La Liguria è andata oltre il target del Fes di un milione esatto. Il Molise ha avuto uno scarto di appena 100mila euro per il Fesr.
Due piani operativi interregionali, Attrattori culturali ed Energie, sono stati rimessi in carreggiata quasi in extremis: il primo, che al precedente rilevamento appariva in condizioni disperate, ha superato il suo target di appena un decimo di punto, pari a soli 200mila euro; il secondo è andato oltre di meno di due milioni di euro.
Però, gli elementi positivi del monitoraggio di fine 2013 sono indubbiamente molti. Il primo è costituito dal fatto che neppure un euro è stato lasciato per strada, nonostante si potesse ben temere il contrario. Il secondo è rappresentato dall’ottima performance di alcune Regioni, sia dell’obiettivo Convergenza sia di quello Competitività, e di alcuni programmi nazionali, come quello Reti, che supera il target minimo di nove punti. Lato Regioni, la Calabria è andata oltre l’obiettivo minimo per il Fesr di sette punti, l’Emilia Romagna di 10 punti sui due fronti, il Trentino fa il botto e il record con un margine di 20 punti.
Uno strumento per capire come vanno le cose programma per programma e Regione per Regione è il portale Open Coesione, voluto da Barca quand’era ministro, con l’intento di favorire “un cambio di grammatica istituzionale”. E’ un balzo in avanti in termini di trasparenza e un modo per mettere l’Italia sulla strada della nuova politica di coesione europea 2014-2020. Fare meglio di quanto abbiamo finora fatto non è difficile, anche se sarà difficile battere i ‘campioni’ dell’Est dell’Ue, Polonia, Paesi Baltici, Slovenia, anche Slovacchia.

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