Scritto per EurActiv lo 04/02/2014 e, in altra versione, per Il Fatto Quotidiano dello 05/02/2014
La giornata europea a 360 gradi del presidente Napolitano,
comincia da Spinelli e con Spinelli si chiude. In mezzo, parole, applausi,
polemiche. Qui, a Strasburgo, trent’anni fa, il 14 febbraio 1984, il Parlamento
europeo approvava a larga maggioranza il progetto di Trattato per l’Unione
europea voluto da Altiero Spinelli: un documento visionario, come lo era stato
il Manifesto di Ventotene, perché quell'Europa era solo una somma di Comunità
ancora alle prese con il problema britannico. Della candidatura di Spinelli
nelle liste del Pci alle prime elezioni europee a suffragio universale, nel
1979, Napolitano era stato uno dei fautori, insieme a Giorgio Amendola.
Il presidente manca da Strasburgo dal 2007. Ci torna alla
fine di una legislatura di crisi, forse la più travagliata dell’Assemblea comunitaria,
guardando al voto di maggio ed al semestre di presidenza di turno italiana del
Consiglio dell’Ue, nel secondo semestre 2014. Napolitano porta un messaggio di
discontinuità per l’Europa e un auspicio di continuità per l’Italia: discontinuità
perché il 2014 dell’Unione deve essere l’anno dello spartiacque tra rigore e
crescita, tra priorità ai conti in ordine e priorità ai posti di lavoro;
continuità perché in Italia, dove –dice- “i segnali di ripresa sono indiscutibili”, il governo non subirà contraccolpi dalle
elezioni europee.
L’Europa –esordisce il
presidente- affronta il ''momento della verità": "Non regge più la
politica dell’austerità ad ogni costo''. Parole dette dall'uomo che, nel giro
di 28 mesi, ha scelto per l’Italia due premier, Monti e Letta, la cui azione
non è stata capace d’innescare crescita e, soprattutto, occupazione.
Parlando all’Assemblea in
plenaria –la penultima della legislatura- e poi dialogando con testimoni del
progetto spinelliano, Napolitano osserva che l'Ue ha dovuto “fronteggiare le
sfide più importanti della sua storia": quella iniziata nel 2008 è una
crisi diversa, ''strutturale”, dove non si contrappongono gli interessi degli
Stati, ma che “riguarda la capacità di crescita, il funzionamento delle
istituzioni e il consenso dei cittadini''.
Ora, c’è bisogno di
“rompere il circolo vizioso di questa Europa intrappolata". Il presidente
depreca “l'agitazione distruttiva contro l'euro e contro l'Europa” di
“un'immaginaria altra Europa” destinata a “nascere sulle rovine di questa";
e sottolinea come “l'Euro sia un'innovazione di valore storico, ma rimasta per
troppi anni monca".
A questo
punto alcuni eurodeputati, tra cui i leghisti Matteo Salvini e Mario Borghezio,
sciorinano manifesti con la scritta 'Basta euro'. I
contestatori vengono a loro volta contestati da altri deputati e, per qualche
momento, il clima evoca quello recente nel Parlamento italiano. Napolitano
giudica “modeste” le proteste. Salvini replica: “E’ senza vergogna e in malafede…
Vada a fare un giro senza scorta al Nord…”.
Il
presidente dell’Assemblea Martin Schulz, in campagna elettorale per la Commissione europea,
colloca Napolitano “nel solco di De Gasperi e Spinelli” e dichiara di non avere
“nessuna simpatia” per chi lo critica. David Sassoli, capogruppo Pd, definisce
i leghisti “pagliacci”.
Napolitano
vede l'Unione a un bivio”: ''condizione decisiva del successo'' del progetto europeista
''è una nuova, più forte e decisa volontà politica comune, capace di dare ai
cittadini le ragioni storiche e le nuove motivazioni'' dell’integrazione. C’è
il pericolo di una “irresponsabilità demagogica", che, nel voto di maggio,
può tradursi in una marea di suffragi euro-scettici e populisti.
Il
presidente sottolinea come la crescita si possa ottenere solo "investendo”
nell'istruzione e preparazione” delle nuove leve e affrontando la “competizione
delle aree extraeuropee": “L'Europa non è solo un'area di mercato comune e
cooperazione economica, ma anche di valori e democrazia".
Per questo
Napolitano bolla come “vacua propaganda” quella di chi vuole “liquidare l’Ue” e
chiede che "le decisioni intergovernative prese finora fuori dal tracciato
comunitario, rientrino nell'alveo delle istituzioni comunitarie". Quello
che il presidente propugna, nel ricordo e nel segno di Spinelli, è il rilancio
del progetto di Europa politica.
L'idea spinelliana di un'Europa ''federale non ha nulla a che fare con lo spauracchio di un superstato centralizzato'' e burocratico sbandierato da più parti. ''Molta strada è stata fatta da allora'', osserva Napolitano, ''ma restano da vincere dure battaglie politiche contro le meschinità nazionali e, se non contro possibili ritorni di nazionalismi aggressivi, senz'altro contro ristrettezze di vedute. Manca oggi la vista lunga in troppi leader europei'', che non hanno sufficiente ''consapevolezza del declino che minaccia l'Unione”.
L'idea spinelliana di un'Europa ''federale non ha nulla a che fare con lo spauracchio di un superstato centralizzato'' e burocratico sbandierato da più parti. ''Molta strada è stata fatta da allora'', osserva Napolitano, ''ma restano da vincere dure battaglie politiche contro le meschinità nazionali e, se non contro possibili ritorni di nazionalismi aggressivi, senz'altro contro ristrettezze di vedute. Manca oggi la vista lunga in troppi leader europei'', che non hanno sufficiente ''consapevolezza del declino che minaccia l'Unione”.
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