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giovedì 20 febbraio 2014

Ucraina: l'Ue pensa a sanzioni, ma vuole mantenere dialogo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/02/2014
Dopo avere temporeggiato per oltre due mesi, l’Unione europea, davanti al bagno di sangue che può divenire guerra civile, indurisce i toni contro il regime ucraino e brandisce la minaccia di sanzioni, partita da Polonia e Svezia. Le misure non dovrebbero, però, riguardare il presidente Ianukovich, per non rompere i ponti con il regime di Kiev e lasciare aperti i canali di negoziato.
Dopo il fallimento, a fine novembre, dei negoziati per un accordo di associazione tra Ue e Ucraina, osteggiato da Mosca, Bruxelles non ha lesinato gli sforzi perché Kiev scegliesse la via dell’Europa, denunciando la repressione del regime e le pressioni russe, ma lasciando pure trapelare l’imbarazzo di fronte alle componenti ultra-nazionaliste dell’opposizione ucraina.
L’accordo di novembre resta sul tavolo. Ma il gioco diplomatico non è, o almeno non è solo, tra Ue e Ucraina. Ci sono pure dentro Usa e Russia. Mosca denuncia l’ingerenza degli occidentali e tira fuori soldi per il regime amico; e il ministro degli esteri Lavrov si fa beffa degli europei che –dice- “hanno mediato abbastanza”, mentre a Kiev “è in atto un tentativo di colpo di Stato”. Washington intima a Ianukovich di ritirare le truppe anti-sommossa e pensa a sanzioni, facendosene meno scrupolo degli europei.
Oggi pomeriggio, i ministri degli Esteri dei 28 si riuniranno a Bruxelles per dare la risposta dell’Ue all’ondata di violenze che, tra martedì e mercoledì, hanno provocato la morte di decine di persone nella capitale ucraina. E non si hanno bilanci attendibili delle violenze altrove nel Paese. Il ritorno di fiamma della sommossa ha colto di sorpresa la diplomazia internazionale, a cominciare dall’Onu.
In una conferenza stampa congiunta all'Eliseo, il presidente francese Hollande e la cancelliera tedesca Merkel, sempre insieme nei momenti cruciali, avvertono: “Coloro che hanno commesso violenze in Ucraina, coloro che s’apprestano a commetterne altre saranno sanzionati”. Poi la Merkel chiama il presidente russo Putin: “Evitare l’escalation”, “l’Ue induca l’opposizione a trattare”.
Un consulto fra gli ambasciatori dei 28 a Bruxelles, preliminare alla riunione dei ministri, fa emergere sfumature di differenze sull'atteggiamento da tenere. Alcuni Paesi, fra cui Italia e Spagna, ma pure Grecia, Cipro e altri, frenano sulle sanzioni. E anche le diplomazie nordiche si rendono conto che misure contro il regime di Ianukovich potrebbero “spingerlo nelle braccia della Russia”, dove, però, sembra già essere.
Il presidente della Commissione Barroso s’attende “sanzioni mirate”. Il ministro degli Esteri italiano Bonino vuole pure colpire “le provocazioni dei gruppi estremisti e violenti” presenti nell'opposizione. L’ex cancelliere tedesco Schroeder critica l’Ue, passiva prima e decisionista ora, quando “le sanzioni sono inutili”.
A Bruxelles si evoca l’effetto delle sanzioni contro la Bielorussia: inasprimento della repressione e riavvicinamento tra Minsk e Mosca. Il ministro degli Esteri belga Reynders riconosce: “Non c’è l’unanimità, i vicini dell’Ucraina temono un giro di vite contro l’opposizione”.
E l’unanimità è necessaria, per decretare sanzioni comunitarie. Altrimenti, bisognerebbe procedere in ordine sparso. O limitarsi a una dichiarazione d’avvertimento alle autorità ucraine: parole, “violenze inaccettabili”, “bagno di sangue da evitare”, “rischio concreto di guerra civile alle porte dell’Ue”.
La carenza d’unità fra gli europei traspare da iniziative di buoni uffici apparentemente scoordinate: la responsabile della politica estera europea Ashton dà al ministro polacco Sikorski una missione di buoni uffici; ma Sikorski trova oggi a Kiev anche i ministri francese e tedesco Fabius e Steinmeier.
Se gli europei dovessero trovare un’intesa sulle sanzioni, queste potrebbero consistere nel blocco dei visti e nel congelamento dei beni dei responsabili della repressione e in un embargo sui materiali anti-sommossa, come i lacrimogeni. Le sanzioni sarebbero campana a morto d’un riavvicinamento tra Bruxelles e Kiev, testimoniato dalle ripetute missioni a Kiev nelle ultime settimane della Ashton e del commissario al vicinato Stefan Fule.

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