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giovedì 6 febbraio 2014

Siria: armi chimiche, ritardi nel carico, tira e molla con Damasco

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/02/2014

La Siria non sta mantenendo gli impegni sottoscritti per la distruzione del suo arsenale chimico e non ha rispettato la data –ieri, mercoledì 5 febbraio- entro cui 1.200 tonnellate d’agenti chimici dovevano essere evacuate dal suo territorio. La tensione sta crescendo, anche se Mosca garantisce per Damasco.

In questa storia, filava tutto troppo liscio: l’accordo tra Usa e Russia; il consenso del presidente Assad; la rapidità delle operazioni di individuazione e recupero degli arsenali chimici siriani; persino il Nobel all'organizzazione dell’Onu per l’interdizione delle armi chimiche (Opac).

L’unico granello di sabbia nell'ingranaggio internazionale pareva essere l’opposizione della gente di Calabria a che le operazioni di trasbordo degli agenti avvengano nel porto di Gioia Tauro, dove funzionari dell’Opac hanno effettuato un primo sopralluogo.

E invece ecco l’intoppo. L’Opac dall’Aja conferma e dà il quadro: 700 tonnellate di agenti chimici, i più pericolosi, quelli che servono a produrre l’yprite e il sarin, dovevano lasciare la Siria entro dicembre, 500 tonnellate di agenti chimici “di 2° categoria” dovevano partire ieri. Finora, neppure  30 tonnellate sono state trasferite, con due carichi, il 7 e il 27 gennaio. E restano da distruggere circa 120 tonnellate di isopropanolo, queste sul territorio siriano, entro il 31 marzo.

Gli agenti chimici vengono evacuati dalle navi danese Ark Futura e norvegese Taiko, che ora fanno la spola da Cipro e caricano uno o due container la volta. A Gioia Tauro, avverrà il trasbordo: l’unità  statunitense, la Cape Ray, attrezzata per procedere alla distruzione in alto mare, incrocia già nel Mediterraneo.

In visita a Beirut, il ministro degli esteri Emma Bonino giudica “inaccettabili” i ritardi di Damasco e conferma il ruolo di Gioia Tauro, “per operazioni che si svolgeranno in 36/48 ore”. Quando?, dipende dall'arrivo del carico. “C’è irritazione –dice la Bonino-, anche perché i ritardi costano”.

Il piano di disarmo chimico di Damasco, approvato dall’Onu, prevede che tutto l’arsenale chimico siriano sia distrutto entro il 30 giugno. L’intesa permise di evitare un attacco americano, dopo che l’uso dei gas in estate aveva fatto centinaia di vittime. In caso di inadempienza della Siria, possono scattare sanzioni e pure l’uso della forza.

Per giustificare i ritardi, Damasco evoca problemi di sicurezza legati al conflitto: il trasferimento via terra da Homs al porto di Latakia avviene a rilento. La Siria chiede equipaggiamenti che l’Opac giudica “eccessivi”. Per la Bonino, è tutto un po’ vero: il regime frena e cerca di guadagnarci qualcosa; e la strada non sicura.

Nelle ultime 24 ore, il conflitto, che va avanti dal marzo 2011, ha fatto 60 vittime. L’Onu denuncia casi di bambini soggetti a torture e violenze “raccapriccianti” e calcola in oltre 3 milioni i rifugiati, in 7 milioni le persone private di aiuti umanitari. “Quando milioni di persone sono in movimento, riceverne 200 o 300 non risolve nulla”, dice la Bonino, a chi le chiede se l’Italia ne accoglierà.

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