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lunedì 17 febbraio 2014

Scorte: in Italia, l'hanno tanti; in Austria, solo due; e negli Usa ...

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 17/02/2014

Chi torna a casa dal lavoro, la sera, a Washington, sulla Massachusetts, la grande arteria che punta verso il Maryland, incrocia sempre le dita, nella speranza di evitare il ‘convoglio’ del vice-presidente degli Stati Uniti che rientra alla sua residenza, all’Osservatorio Navale, dalla Casa Bianca: la sua è la più lunga scorta al mondo, dopo quella del presidente, che, però, la sera di solito non esce. Più spesso, riceve.

La vettura blindata, del vice-presidente è preceduta da almeno due auto –Secret Service e polizia- ed è seguita da un’altra vettura del Secret Service, da un’ambulanza e da una o più auto della polizia. Se poi il vice-presidente si porta il lavoro a casa, con collaboratori e funzionari al seguito, la coda s’allunga.

Il ‘convoglio’ viaggia velocissimo, ma staffette di poliziotti in moto bloccano la circolazione in entrambe le direzioni un po’ prima del suo passaggio; e retroguardie, sempre in moto, danno il segnale di ripartenza, un po’ dopo il suo passaggio. E, sosta a parte, il traffico sulla Massachusetts s’intasa.

Il ‘convoglio’ del presidente è un po’ più lungo, perché, dietro l’auto del Secret Service che segue la sua, c’è pure quella del pool di giornalisti che lo accompagna ovunque egli vada. Ma incrociarlo è più raro.

Presidente e vice a parte, Washington non è città di scorte. Gli ospiti di Stato spesso alloggiano alla Blair House, quasi davanti alla Casa Bianca, nello stesso ‘blocco’ di Pennsylvania Avenue, un tratto, per di più, chiuso al traffico. Gli americani non sono generosi di scorte a ministri e politici; e, neppure, a giudici e dignitari. Quanto ai ‘paperoni’, se la vogliono se la pagano.

Però, le precauzioni variano a seconda dei momenti: subito dopo gli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001, ad esempio, le misure di sicurezza furono intensificate e le scorte aumentate.

In materia, l’Italia ha un primato quasi indiscusso, in Europa e in generale nell’Occidente. Secondo i dati disponibili, i Paesi meno inclini alle scorte in assoluto, nell’Ue, sono Austria e Danimarca, seguiti da Gran Bretagna e Francia. In Austria, un po’ un caso limite, i politici scortati sono solo due: il presidente della Repubblica e il cancelliere federale. Per il resto, chi vuole un servizio di protezione provvede a spese sue o del proprio partito, come fa Heinz-Christian Strache, leader della destra nazionalista.

Londra, Parigi, anche Berlino sono un po’ più prodighi di scorte di Vienna, ma comunque in misura non comparabile con l’Italia. La differenza maggiore tra l’Italia e i suoi partner europei è l’efficacia del meccanismo della revoca, che altrove funziona con una precisione e una puntualità quasi cronometrica (mentre da noi la scorta tende a essere per sempre).

Quando una personalità decade dalla funzione che comporta la scorta, decade –salvo pochissime eccezioni- pure la scorta. Madeleine Albright, segretario di Stato di Bill Clinton, raccontava che si rese conto di non essere più in carica quando salì in auto e l’auto non partì: niente più autista e niente più scorta. La vettura doveva guidarsela da sé e cavarsela nel traffico.

Sulle abitudini nazionali, pesano tradizioni ed esperienza: incide l’impatto del terrorismo, o della criminalità organizzata –le ‘mafie’ nelle loro varie declinazioni sono quasi un prodotto d’esportazione italiano-. E Paesi come la Germania, e anche l’Italia, hanno sperimentato un terrorismo politico teso a colpire simboli dello Stato oltre che del capitalismo, mentre Gran Bretagna e Francia non l’hanno quasi conosciuto. E Parigi e Londra privilegiano meccanismi di protezione modulati in funzione del grado di allarme –il piano Vigipirate francese ne è un esempio-, piuttosto che forme stabili di protezione personale.

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