Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/02/2014
Continua la diaspora delle grandi firme dal giornalismo più
tradizionale e, anche negli Stati Uniti, più paludato, quella della carta
stampata e delle testate per antonomasia ‘autorevoli’. Bill Keller, direttore
del New York Times dal 2003 al 2011, attualmente editorialista, lascia il
giornale dopo trent’anni.
Keller, 65 anni, vinse il Pulitzer nel 1988 per le corrispondenze
da Mosca, dove raccontò la glasnost di
Gorbaciov e, poi, le vicende che nel giro di tre anni portarono al crollo del
Muro, al disfacimento dell’Impero sovietico e allo smembramento della stessa
Urss.
Più che dirigere, a Keller piace scrivere: nel 2011, lasciò
a Jill Abramson, una donna, la direzione della Old Gray Lady, come il NYT è
affettuosamente chiamato dai suoi lettori, e annunciò che sarebbe tornato a
scrivere a tempo pieno.
E continuerà a scrivere anche ora, guidando e animando una
nuova testata ‘no-profit’ che s’intitola ‘The Marshall Project’ e che intende
occuparsi della criminalità e della giustizia negli Stati Uniti: una ‘start up’
di prestigio, sul modello di ‘ProPublica’, un sito dedicato alle
"investigative news", fondato dall'ex direttore del Wall Street
Journal Paul Steiger e divenuto nel 2011 il primo media online a vincere il Pulitzer.
E’ lo stesso modello cui s’ispira l’International Consortium
of Investigative Journalists (Icij), che è una costola del Center for Public
Integrity e che si autodefinisce “il miglior team transnazionale al mondo del
giornalismo d’inchiesta”.
L’addio di Keller alla carta stampata segue quello di altri
famosi giornalisti: negli Usa, li chiamano "brand journalists”, sono più
che grandi firme, hanno nomi capaci di rendere da soli credibile un’iniziativa
editoriale. Fra quelli che hanno lasciato testate prestigiose per mettersi in
proprio, vi sono Glenn Greenwald, un ex di The Guardian, il filtro tra la talpa
del Datagate Edward Snowden e il grande pubblico, passato a dirigere il nuovo
sito anti-segreti finanziato dal fondatore di eBay Pierre Omidyar; Nate Silver,
sempre del NYT; ed Ezra Klein, del Washington Post, che ha puntato su un nuovo
progetto editoriale finanziato dal gruppo Vox.
L’obiettivo comune è cercare e creare alternative all’informazione
tradizionale, ma anche a come viene fatta l'informazione online, una nuova
frontiera del giornalismo il cui terreno va ancora scoperto ed esplorato.
Molteplici le formule finora tentate: dai siti alla DrudgeReport, che danno
risonanza a notizie altrui e le condiscono ogni tanto con una propria ‘chicca’,
a forme di quotidiano online evolute, come l’Huffington Post; dai bloggers che
nascono come aspiranti ‘opinion leaders’ e diventano ‘opinion makers’ –il
prototipo: politico.com- alle start up da citizens journalists sempre alla
ricerca di una faticosa legittimazione editoriale e imprenditoriale. Intanto,
le testate tradizionali hanno superato la fase della banale trasposizione del
prodotto cartaceo sul web e si sono attrezzate ai modi e ai tempi
dell’informazione in divenire, che anticipa il prodotto cartaceo e lo batte per
la tempestività delle notizie e la varietà degli argomenti;
Alcune iniziative nascono autonome (e, magari, diventano poi
parte di progetti editoriali più vasti; o, muoiono). Altre partono già inserite
in conglomerati dell’informazione. Altre, ora, scelgono la strada molto americana
del ‘no profit’, fidando in sponsor disinteressati e munifici, magari attirati
dalla credibilità e dal prestigio di grandi firme (e Steiger e Keller sono due
ottimi ‘testimonial’). E, infine, anche nel panorama puritano americano, non
mancano le ‘fabbriche di marchette’, cui noi siamo assuefatti.
Keller aveva avuto qualche problema con il NYT per una rubrica
dedicata alla "buona morte". Ma non pare che la decisione sia frutto
dello screzio: l’editorialista, che lascerà ai primi di marzo, è stato attirato
da ‘The Marshall Project’, creato l'anno scorso da Neil Barsky, ex giornalista
del WSJ, divenuto "money manager" a Wall Street.
Barsky e Keller vogliono aprire un dibattito sulla giustizia negli Usa. Il sito è tuttora in costruzione e dovrebbe debuttare a metà anno. Come per ProPublica, i fondi dovrebbero venire da fondazioni e donatori: budget previsto, 5 milioni di dollari l'anno, per uno staff di una trentina di persone.
Barsky e Keller vogliono aprire un dibattito sulla giustizia negli Usa. Il sito è tuttora in costruzione e dovrebbe debuttare a metà anno. Come per ProPublica, i fondi dovrebbero venire da fondazioni e donatori: budget previsto, 5 milioni di dollari l'anno, per uno staff di una trentina di persone.
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