Scritto per EurActiv il 14/02/2014
Mentre il neo-premier Matteo Renzi lancia via twitter
raffiche di slogan, contraddicendo il suo stesso impegno –via twitter, “niente spot, ma
concretezza”-, Bruxelles attende l’Italia alla prova dei fatti del rispetto
degli impegni e s’interroga sulla struttura dell’Esecutivo, dove colpisce, in
particolare, l’assenza di un ministro per gli Affari europei.
Che stupisce persino un europeista (molto) tiepido come il
governatore della Lombardia, il leghista Roberto Maroni: “Mi sembra incomprensibile che sia stato cancellato quel ministero,
anche perché tra pochi mesi ci sarà il semestre di presidenza italiana del
Consiglio dell'Unione europea".
Nel Governo Renzi, i volti già
noti in sede europea e internazionale sono pochi. A parte il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan, conosciuto e apprezzato, gli altri devono più
o meno tutti costruirsi relazioni e credibilità nel nuovo ruolo.
E la mancanza di un ministro per gli Affari europei di
provata esperienza, com’era Enzo Moavero Milanesi, con una passato da alto
funzionario della Commissione europea e da giudice europeo, rischia di farsi
sentire, in sede negoziale e sul fronte interno.
Moavero ha condotto tutta una serie di trattative delicate
per gli interessi italiani, sul bilancio dell’Ue, sui margini di manovra per
gli investimenti, sul ritorno della crescita fra le priorità dell’Unione, olte
che su numerosi dossier specifici (brevetto europeo, made in, etichette a
semaforo, etc).
Inoltre, il ministro per gli Affari europei segue l’iter
delle cosiddette ‘leggi europee’, modificate proprio da Moavero, per ridurre il
fardello delle procedure d’infrazione contro l’Italia per mancati o ritardati
adempimenti comunitari. Nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi due
anni, l’Italia ne ha più di cento a carico e resta la peggiore allieva della
classe europea, dovendo pagare multe salate, dell’ordine di centinaia di
migliaia di euro al giorno per le proprie inadempienze.
E’ un lavoro che richiede conoscenza delle procedure e dei
dossier e capacità negoziale, sui fronti interno ed europeo.
A Bruxelles, c’è curiosità per capire come il premier Renzi
intende procedere. In attesa d’incontri che s’annunciano imminenti, ci sono
state telefonate d’augurio dal premier belga Elio Di Rupo, di origini italiane,
e dal presidente francese François Hollande, che ha invitato Renzi a Parigi e
con cui potrebbe confermarsi l’asse Francia-Italia già esistente su crescita e
lavoro. Congratulazioni sono pure arrivate dai presidenti Usa Barack Obama e
russo Vladimir Putin, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel non s’era
ancora manifestata a metà domenica.
Una ridda di indicazioni economiche prelude alle prime mosse
del nuovo governo. A Sidney, il G20 fissa un obiettivo non ambizioso di crescita
mondiale al 2% e il governatore della Bce Mario Draghi definisce la ripresa
della zona euro “modesta”, ma “meno fragile” che fino a qualche tempo fa.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, dove Padoan
avvicenda Fabrizio Saccomanni, fa sapere che 20 miliardi sono destinati a ridurre
nel 2014 lo stock dei debiti della Pubblica Amministrazione accumulati a fine
2012 (una boccata d’ossigeno per le aziende creditrici). Ma uno studio indica
che la P.A.
italiana è la meno efficiente dell’Ue, dopo quelle greca e maltese: le sue
lacune costano 31 miliardi l’anno alle imprese, 7000 euro a ciascuna in media.
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