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venerdì 10 ottobre 2014

Coalizione anti-Is: Obama fa filotto di critici amici

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/10/2014

Sul retro della scacchiera della dama c’è un gioco che, se allinei tre pedine di fila, fai filotto e vinci. Barack Obama, il comandante in capo, anzi il professore in capo, come ormai lo chiamano negli Usa –e non è un complimento-, c’è riuscito. Solo che lui non ha vinto: ha perso.

Dopo Hillary Clinton e Leon Panetta, un terzo democratico influente ha detto che il presidente sbaglia per come conduce la guerra allo Stato Islamico. L'ex presidente Jimmy Carter, un Nobel per la Pace anch’egli –solo che lui se lo guadagnò una volta lasciata a Casa Bianca, non lo ottenne sulla fiducia appena entratoci- dice: "Abbiamo aspettato troppo tempo, lasciando che l’Is … si rafforzasse, ottenendo armi e denaro quando era ancora solo in Siria".

Gli alleati dell’America cruciali in questo conflitto non sono più teneri con Obama. Agli europei, può pure stare bene che gli Stati Uniti non vogliano inviare truppe di terra, così nessuno lo chiede loro. Ma il governo di Ankara giudica “non realistico” un intervento di terra in Siria solo turco e l’esercito della Mezza Luna assiste alla presa di Kobane, su cui l’aviazione alleata compie attacchi non risolutivi, senza passare il confine, nonostante le proteste dei curdi in Turchia facciano decine di vittime. John Allen, l’inviato speciale della Casa Bianca per il conflitto anti-Is, è ad Ankara, per colloqui con le autorità turche, dopo essere stato in Egitto.

In un'intervista al Fort Worth Star-Telegram, Carter critica il fatto che l’Amministrazione Obama abbia cambiato più volte linea politica sul Medio Oriente e abbia lasciato deteriorare la situazione in Siria e in Iraq. Per Carter, una scelta giusta sarebbe di avere truppe sul terreno almeno per dare efficacia alla campagna aerea: "Bisogna avere uomini in campo per dirigere i missili ed puntare sugli obiettivi giusti". Pochi giorni or sono, l’opposizione moderata al presidente al-Assad, quella che sulla carta l’Amministrazione statunitense vorrebbe aiutare, aveva denunciato che i raid aerei avevano preso di mira istallazioni sue e non del Califfato.

Carter aggiunge un carico da quaranta sulle critiche a Obama di Leon Panetta, clintoniano ‘doc’, che, nel giro di pochi giorni, c’è andato giù pesante due volte. Panetta, capo dello staff di Bill e poi capo della Cia e ministro della Difesa di Obama, ha buoni moventi: vuole lanciare il suo libro di memorie ‘Worthy Fights’ (Battaglie che valgono la pena) e tirare la volata presidenziale 2016 a Hillary, che, dal canto suo, non se ne sta zitta.

Dopo aver imputato alla Casa Bianca, e in particolare al vice di Obama Joe Biden, il fallimento del tentativo di lasciare truppe Usa in Iraq oltre il 2011, favorendo così la nascita del Califfato, Panetta, in un’intervista a USAToday, contesta la strategia del presidente contro gli jihadisti, che sta innescando “una sorta di 'Guerra dei trent'anni' (il conflitto che dilaniò l'Europa tra il 1618 e il 1648, ndr)" e che ha allargato la minaccia integralista a Libia e Yemen, a Nigeria e Somalia.

In sintonia con Hillary Clinton, Panetta boccia la scelta di Obama di non accogliere il consiglio dell’ex segretario di Stato di armare l'opposizione siriana moderata al regime: lo avessero fatto, gli Usa "ora sarebbero in una posizione migliore, quanto meno saprebbero se ci siano o meno tra i ribelli fazioni moderate” in grado di rovesciare al-Assad.

Un’altra accusa ad Obama è d’avere fatto perdere credibilità agli Usa quando, l’anno scorso, s’infilò in un vicolo cieco, intimando prima ad al-Assad di non usare i gas pena un intervento e facendosi poi trarre d’impaccio –perché d’intervenire non aveva nessuna voglia- dalla Russia.

Ora, il presidente, per Panetta, ha l'opportunità di "rimediare ai danni da lui causati” e mostrare leadership, dopo essersi "smarrito" contro gli integralisti che hanno conquistato ampie porzioni d’Iraq e Siria. Purchè Obama abbandoni l’atteggiamento tentennante da “professore di diritto”.

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